Millisecondi – L’intervista a Peter White: “La mia sfida con l’arte è quella di gareggiare con il tempo”

Abbiamo realizzato diverse interviste con Peter White: l’ultima volta era stato in occasione dell’uscita del singolo Rosè. A distanza di poco più di un anno dall’ultima chiacchierata, lo abbiamo chiamato per farci raccontare il suo secondo disco Millisecondi.

Intervista a cura di Sergio Mattarella:

Sergio: Ciao Pietro! Sono passati quasi tre anni dall’uscita del tuo primo disco Primo Appuntamento. Rispetto ad allora, quali sono le tue sensazioni per l’uscita del tuo secondo album Millisecondi?

Peter White: Le emozioni sono le stesse, ma ogni disco è diverso… Primo Appuntamento e Millisecondi fanno parte di momenti diversi della mia vita: il primo era il mio disco d’esordio ed era stato lavorato con tanta spontaneità e leggerezza. Millisecondi è frutto di un lavoro più lungo e più ricercato: è un progetto che va a coronare un percorso intenso e per questo le emozioni sono forti anche stavolta.

Sergio: Ieri ho parlato con Niagara e con Paolo (Paolo Canto è il manager di Peter White, ndr) e ho avuto la sensazione che non vedessero l’ora che Millisecondi fosse finalmente di tutti, come se con la mezzanotte si “liberasse” un progetto a cui tenevate tutti tantissimo. Ci avete lavorato veramente tanto, no?

Peter White: Tu pensa che ad aprile del 2019, quando usciva Primo Appuntamento, ero già al lavoro su nuove canzoni. In Millisecondi sono presenti dodici pezzi, ma ovviamente in questi tre anni ne saranno nate almeno cinquanta. Le dodici canzoni del disco, inoltre, si portano dietro un lavoro più lungo e più attento: la mia musica parla di vita quotidiana e se non ho qualcosa da dire non mi metto a scrivere, non forzo la scrittura. Magari è vero che Millisecondi si è “liberato” con la mezzanotte, ma è vero anche che in tre anni ho potuto raccogliere molto più materiale dalla vita quotidiana.

Sergio: È per questo che nasce il titolo “Millisecondi”?

Peter White: Esatto. Millisecondi nasce dal fatto che il disco dura trentaquattro minuti, ma per me quelle canzoni suonano in eterno e raccontano degli attimi. Credo che la più grande sfida dell’arte sia quella di voler fermare il tempo e quasi di gareggiarci, di avvicinarglisi e di capirlo. Millisecondi è la ricerca di focalizzarsi sui momenti, sulle sensazioni istantanee e sulle sfumature di significato.

Sergio: Nella canzone introduttiva dell’album, Quasi mai, canti: “Le cose tanto già le sai” e vorrei collegarmi tramite questo verso a quello che dicevi sulla vita quotidiana. Mentre lavoravi a Millisecondi, hai mai avuto paura di non riuscire a raccontare qualcosa di nuovo?

Peter White: Credo che questa sia una grande paura per qualsiasi artista, d’altronde viviamo di creatività e professionalità. Dal canto mio, non ho mai avuto problemi reali di creatività: in questo periodo della mia vita e della mia carriera artistica mi piace spaziare fra più argomenti, è vero, ma mi interessa ancora di più catturare la stessa sfumatura in modi diversi, cercando il modo migliore per raccontarla.

Sergio: Rispetto a Primo Appuntamento, quali sfumature rendono diverso Millisecondi?

Peter White: Le novità sono da ricercare nella mia vita e nelle mie esperienze. Mi ricollego alla tua prima domanda: ciò che rende Millisecondi diverso da Primo Appuntamento sono semplicemente i tre anni che li hanno separati.

Sergio: Allora cambio la domanda: in cosa pensi di essere cambiato maggiormente in questi tre anni?

Peter White: Io sono dell’idea che, nel corso della vita e di conseguenza della carriera, si alternino due fattori: la spensieratezza e l’esperienza. Più si cresce e più si fa leva sull’esperienza piuttosto che sulla spensieratezza e io penso di essere diventato un pizzico meno esperto e un pizzico meno spensierato. Allo stesso modo, poi, il mio team straordinario riesce a essere una fonte continua di spensieratezza e divertimento: Paolo e Niagara sono amici veri, le giornate di lavoro non pesano mai e lo studio è un luogo di incontro, fra birre, caffè, chiacchiere e saluti.

Sergio: Però sai, si dice sempre che il secondo album sia quello più difficile. È stato più difficile fare un disco di esperienza rispetto a un disco di spensieratezza?

Peter White: Sì, ma perché ho avuto un termine di paragone. La difficoltà del secondo disco è questa: se con il primo ti sei posto un obiettivo e hai “lanciato il cuore oltre l’ostacolo”, con quello successivo subisci necessariamente l’ombra dell’esordio. Devi superarla: non parlo di numeri o di critica, ma è un lavoro che l’artista deve fare su se stesso. Ho accettato questa difficoltà realizzando il fatto che Millisecondi e Primo Appuntamento sono dischi differenti e allo stesso tempo simili. Sono così diversi e così uguali.

Sergio: In cosa sono “così uguali”?

Peter White: Sicuramente nel fatto che il tema principale di entrambi sia l’amore. Gli ideali sono rimasti gli stessi ed è importante nel mio mestiere che siano alla base di un artista. Con il tempo si sono aggiunti comunque altri ingredienti.

Sergio: Provo a dire io una differenza fra i due progetti: Primo Appuntamento iniziava con Saint Tropez, un brano già edito, mentre Millisecondi si apre con Quasi Mai, una traccia che propone delle novità per la tua carriera, specialmente in termini di sound. Come mai è stata scelta come intro dell’album?

Peter White: Ero molto indeciso fra Quasi Mai e Inizio Febbraio, la mia traccia preferita del progetto. Entrambe hanno una caratteristica in comune: fanno entrare in scena la voce prima della strumentale. In Quasi Mai la base attacca sulla parola “piove” e in Inizio Febbraio su “te”. Mi piaceva questo concetto che il disco si aprisse con un mio ingresso, come se sul palco di un concerto lo spettatore vedesse una mia gamba, poi il mio volto e immediatamente dopo partisse la canzone vera e propria. Quasi Mai, inoltre, è un pezzo che rappresenta bene Millisecondi: è sia introverso che frizzantino, “alla Rosè”, mentre Inzio Febbraio ha trovato la sua collocazione come seconda canzone su dodici, esattamente come febbraio è il secondo mese del calendario.

Sergio: Secondo me un’altra bella differenza fra i tuoi dischi è nella loro “geografia”. Con Gondola e Torino, Primo Appuntamento cercava di oltrepassare i confini di Roma e invece Millisecondi, con Galleria Lungotevere e Via Labicana, quasi li solidifica. Si può dire che sia un disco più romano?

Peter White: È un disco frutto del periodo storico che stiamo vivendo, in cui non sono riuscito a partire. Se fosse stato possibile viaggiare, probabilmente, Millisecondi sarebbe composto da quindici tracce, di cui tre scritte in luoghi che mi hanno ispirato…

Sergio: Dici che ci sarebbero le tracce su Parigi e New York? (ride)

Peter White: Esatto! (ride) Comunque il disco vive anche la ricerca di una nuova Roma. Ho la fortuna di vivere in una città che mi stupisce giorno dopo giorno e con cui cresco insieme. Forse è un disco più romano di Primo Appuntamento, ma allo stesso tempo non ho certo scelto di non farmi ispirare dai viaggi, anzi sarei partito volentieri.

Sergio: Qual è invece la traccia in cui hai rischiato di più?

Peter White: In assoluto Via Labicana, una traccia molto sperimentale, in cui Niagara ha avuto carta bianca. Avevo scritto proprio un’altra cosa al pianoforte, il pezzo era molto più lento, ma Gabri è arrivato in studio, ha aumentato il BPM e mi ha fatto ri-registrare alcune parti su velocità a cui non ero per nulla abituato.

Sergio: Come ha fatto a convincerti a fare un brano così diverso dai tuoi standard?

Peter White: Dopo due anni di lavoro con il mio team mi fido al 100% di tutti. Io credo di avere rischiato anche con Gibson Rotte, ma oggi riascoltandola è un brano che amo. Ho bisogno del confronto con i miei collaboratori: per me la musica è anche condivisione.

Sergio: Sei ancora così geloso della tua musica come mi hai raccontato più volte in passato?

Peter White: Sempre, perché la musica è personale e le collaborazioni significano stima e affetto. Condividere la musica significa creare un rapporto, a prescindere da come vanno le cose.

Sergio: È anche per questo che parli di “ideali”? Millisecondi è un disco i cui featuring raccontano una carriera fatta di coerenza artistica, no?

Peter White: Sono contento tu l’abbia notato. Nell’ambito urban si parla di street credibility, ma la credibilità è importante in ogni settore. Bisogna essere veri e autentici per emozionare, altrimenti si genere un semplice stupore passeggero. L’emozione, invece, non è mai solo passeggera.

Sergio: Prima ti ho chiesto di raccontarmi perché il disco si apre con la traccia Quasi Mai. Per chiudere questa bella intervista, vorrei chiederti del brano che conclude il capitolo Millisecondi. Che uscita di scena è Foresta Pluviale?

Peter White: È la canzone più libera del disco: l’ho scritta due anni fa al pianoforte insieme a Polare e, approcciandola in questo modo, la ho resa irregolare, con un ritornello più veloce e una strofa più lenta. La particolarità di Foresta Pluviale è il “BPM in corsa“, che accelera e decelera: è stato un tentativo di sperimentare e ha impreziosito la struttura acustica del brano. Volevo una canzone che si prendesse il suo tempo per uscire di scena e chiudere Millisecondi.

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