Abbiamo realizzato diverse interviste a Peter White: nell’ultima ci aveva raccontato qualche retroscena sul brano “Sabato Sera”, featuring Gemello. A distanza di sei mesi, lo abbiamo chiamato per farci raccontare il suo nuovo pezzo, “Rosè“.

Intervista a cura di Sergio Mattarella:
Sergio: Ciao Pietro! Come al solito è un piacere fare due chiacchiere con te a proposito di musica! Sono passati sei mesi, fra l’altro, dalla nostra chiacchierata su Sabato Sera, che intanto ha totalizzato un milione di streaming su Spotify… Voglio iniziare però sottolineando un altro traguardo della tua carriera: quest’estate ero in viaggio e, mentre controllavo la lista FIMI di brani certificati, ho letto: “Narghilè – Peter White, disco d’oro da indipendente“. Che cosa si prova?
Peter White: Ciao Sergio, è un piacere anche per me e vuoi sapere una coincidenza? Mi è arrivato oggi a casa il disco d’oro fisico, il quadro vero e proprio… È una soddisfazione incredibile, credo che sia un vanto di pochi la certificazione da indipendente, ma, al di là di questo, è davvero gratificante vedere che una canzone nata con leggerezza e scritta come un flusso di coscienza sia stata così apprezzata dal pubblico, specialmente se penso che, principalmente, le persone la abbiano conosciuta tramite passaparola. Ho ricevuto tantissimo calore per quella canzone e ancora oggi è uno dei miei brani più ascoltati e apprezzati.
Sergio: Era il 2018, no?
Peter White: Sì Narghilè è del 14 febbraio 2018, si lanciavano ancora i pezzi su Youtube. Solo pochi mesi dopo è arrivata su Spotify, per dire.
Sergio: Ti ricordi precisamente le “fotografie” degli attimi di quella canzone? Per esempio ti ricordi dov’eri quando la scrivevi o quando la registravi?
Peter White: Certo. Sono pieno di ricordi bellissimi e di aneddoti particolari legati a quasi ogni canzone. In particolare, a proposito di Narghilè, ricordo che stavamo facendo il beat e ancora non c’era nemmeno una bozza di testo. Vince aveva fatto un’intro con la chitarra, con un’accordatura particolare, forse scordando la corda del SI, e aveva dato vita a questa serie di armonici, che inizialmente non mi convincevano e che avrebbero anticipato una seconda chitarra. Sono tornato a casa in motorino…
Sergio: Non è un caso che poi la strofa si apra con:
In motorino faccio slalom tra le macchine
allora?
Peter White: Esatto! Quel verso è un po’ l’attacco che ti catapulta in strada. Comunque, tornando a casa ho penso: “Quest’intro non mi convince, ma il giro di armonici è davvero bellissimo… Perché non tenerlo per tutta la canzone?”. Abbiamo messo le batterie sull’intro e da lì è nata Narghilè. Ma ho anche un secondo aneddoto: avevamo due ritornelli completamente diversi l’uno dall’altro, quello che adesso è il pre-ritornello e quello che invece è il ritornello vero e proprio. Quando sono andato da Vince e Dorian inizialmente l’idea era che ne cantassi uno solo, ma io spingevo tanto per tenerlo come pre-rit. Lì l’intuizione è stata di Vince, che mi ha consigliato di cantarne solo una parte dopo prima strofa, per poi riproporlo nella sua interezza dopo la seconda.
Sergio: Fa veramente strano pensare che sono passati solo tre anni…
Peter White: Sì, anche perché Narghilè è stato anche un brano “di transizione“, che ha segnato un passaggio. Quando andai a registrare da Dr. Wesh sia Vince che Dorian erano impegnati, quindi mi feci accompagnare da due ragazzi che oggi sono i pilastri del mio team: Paolo Canto, con cui mi sentivo da un po’, e Gabriele “Niagara” che conoscevo in maniera approfondita solo da una settimana. Pensa, lo avevo conosciuto a una festa d’istituto…
Sergio: L’anno scorso Paolo mi raccontò anche che Niagara allora era un fan della tua musica…
Peter White: Sì, lo era e a me serviva un deejay. Quel giorno, però, mi dimostrò che aveva anche delle idee nella produzione delle canzoni. Da lì è iniziata a tutti gli effetti una nuova fase per la mia carriera.
Sergio: È sempre affascinante che un artista come te si ricorda precisamente questi “flash“, questi “scatti” relativi a ogni canzone…
Peter White: È anche divertente per noi rivivere le canzoni, ripercorrere gli aneddoti, specialmente per pezzi come Narghilè, che hanno avuto un riscontro così soddisfacente.
Sergio: Tu come ti spieghi il successo clamoroso di Narghilè? Qual è il suo fattore in più secondo te?
Peter White: Io penso che una canzone per essere davvero efficace debba avere fondamentalmente un segreto: il tempismo. Rappresenta almeno il 70% del suo successo. Ci dev’essere poi un’intenzione forte e, nel caso di Narghilè, il suo successo significa che è stata interpretata bene. Ho l’impressione che la mia intenzione sia arrivata in maniera integra al pubblico, senza filtri, un po’ come nel gioco del telefono senza fili. Se riesci a far arrivare la frase senza che venga cambiata hai vinto e, per Narghilè, credo che sia successo proprio questo.
Sergio: Oggi siamo fra l’altro in un periodo in cui la musica è molto dinamica: ne esce tantissima e questo la rende molto più volatile. Invece, Narghilè a distanza di tre anni continua a essere apprezzatissima e a macinare numeri, no?
Peter White: Infatti sono davvero contento e, soprattutto, è un brano che mi rappresenta ancora tanto. Quando la ascolto ne riesco a rivivere la freschezza, l’originalità e la ricercatezza. Sono molto orgoglioso di Narghilè.
Sergio: Ti faccio una domanda che non ti ho mai fatto nelle nostre numerose interviste… (ride)
Peter White: Vai pure. (ride)
Sergio: Se Narghilè è il pezzo che è arrivato senza filtri, quali sono i brani che ti aspettavi fossero più compresi dal pubblico?
Peter White: Ti do tre titoli:
- Poker, per il suo contrasto interessante fra una sonorità frizzantina e un testo profondo,
- In finestra, che ricordo con molto affetto per l’importanza che ha avuto Polare nella produzione. Paolo è entrato nel team lavorando alle chitarre di Acquario, ma lo conoscevo ancora poco. Durante la lavorazione di In Finestra ha partecipato attivamente alla composizione del pezzo, ha visto come si è evoluto il testo insieme a Niagara e a G Ferrari.
- Torino, l’ultimo brano che ho scritto per Primo Appuntamento, che racconta anche la mia maturità. Per me significa tantissimo…
Sergio: Ricordo che però al tuo live agli Ex-Magazzini Torino ricevette una risposta splendida dal pubblico…
Peter White: Infatti live è un pezzo che mostra un grande trasporto dai miei ascoltatori, che mi fa capire la differenza fra chi mi ascolta e chi mi sente…
Sergio: Quanto ti mancano i concerti?
Peter White: Tanto. Tanto perché rappresentano l’apice del percorso. Io e te ne abbiamo già parlato sai quanto io prediliga il lavoro in studio, la parte di scrittura… Ma il live è l’adrenalina, la paura di sbagliare e, dall’altro lato, la gioia e l’esplosione di una grande festa. Cantare live mi fa capire che c’è un mondo oltre lo studio: è l’unico momento, forse, in cui la musica mi ritorna dal pubblico.
Sergio: Passiamo al tuo nuovo singolo, Rosè, che ho ascoltato nei giorni scorsi. È un pezzo che c’era da un po’ nel tuo hard-disk, vero?
Peter White: Sì, è uno dei primi che ho scritto del “nuovo ciclo“, di natura molto ibrida. È nata a casa mia, tornavo dallo studio e pioveva a dirotto. Ho preso la chitarra, ho abbozzato il giro, molto semplice e molto dritto, e ho scritto la prima strofa e cantato dei cori, che costituiscono il tappeto sonoro della parte iniziale. Poi sono andato al pianoforte e giocando con le note ho realizzato l’intro del pezzo, sovrapponendo queste tre componenti…
Sergio: E i cori alla fine?
Peter White: I cori alla fine hanno una storia divertentissima, te la racconto. Il giorno dopo avere registrato sulle note del telefono questa prima strofa, l’ho portata in studio da Niagara e Paolo, che sono impazziti e mi hanno incoraggiato a lavorarci, cambiando anche radicalmente il sound. Di solito sono molto geloso della mia musica, specialmente adesso che ho imparato a scrivere dei piano-voce e dei chitarra-voce, ma per Rosè ho compreso che Niagara stava vestendo il pezzo con un abito anni ’80 con i suoi synth. Polare ha trasformato ulteriormente il pezzo con il rock del ritornello…
Sergio: C’è anche un bel basso esplosivo!
Peter White: Farina del sacco di Niagara. Mentre Paolo e Gabri rivoluzionavano il pezzo, io scrivevo questo ritornello super-aperto.
Sergio: Un ritornello molto leggero, rispetto agli ultimi che erano molto impostati e solenni, specie a livello di testi, no?
Peter White: Sì, è un ritornello semplice, diretto e chiaro, con tre frasi che ripetute trovano un loro contesto e una loro totalità. Secondo me sono delle belle tessere che si intrecciano come in un puzzle.
Sergio: È anche un comeback al Peter White del 2018 sentire:
È come mischiare le droghe
in un tuo pezzo…
Peter White: Mi aspettavo questa domanda, ti rispondo subito premettendo: è una licenza poetica che non attinge alle mie esperienze, è più un verso evocativo, un’immagine per l’ascoltatore.
Sergio: È un cliché?
Peter White: Esatto, è un cliché che cantato da me sembra meno stereotipo.
Sergio: Hai raccontato di avere scritto il pezzo come un flusso di coscienza e, conoscendoti, immagino tu abbia pesato a lungo l’importanza di questo verso…
Peter White: Sì, mi ci sono soffermato, specialmente non volevo che questo verso desse un’immagine sbagliata della mia musica, che venisse fraintesa. Secondo me però quando esce così naturalmente una linea melodica va premiata, quindi ho deciso di non cambiarlo.
Sergio: E i cori alla fine?
Peter White: Avevamo chiuso il pezzo con una parte melodica, sempre molto aperta, e, in un giorno in cui non ero in studio, Polare e Niagara hanno realizzato questi cori e mi hanno mandato il pezzo con questo tipo di finale. L’ho ascoltato e gli ho risposto: “Ma che state facendo? Questa cosa è allucinante?” – ride – A lungo andare pensavamo che li avremmo tolti, ma settimana dopo settimana, sono diventati parte integrante di Rosè.
Sergio: Ho avuto l’impressione che con questo pezzo abbiate provato a cambiare degli asset di dettaglio, pur mantenendo inalterato il DNA della tua musica. È un’impressione giusta?
Peter White: Sì, è vero, ma non si è trattato di una ricerca meccanica, ma di un risultato naturale e spontaneo. A fine pezzo abbiamo notato anche noi questi cambiamenti, ma ti assicuro che siamo solo all’inizio del “nuovo ciclo” di cui ti parlavo prima. Te ne accorgerai meglio nei prossimi brani.
Sergio: Ti faccio un’ultima domanda, che secondo me può trasformarsi in uno spunto interessante. Se oggi, dopo l’uscita di Rosè, tornassi indietro nel tempo di tre anni per incontrare il Pietro di Narghilè, che consiglio gli daresti?
Peter White: In realtà credo che la mia crescita sia stata molto coerente e, ti dico la verità, neanche di essere cambiato tanto. Credo che i pezzi usciti dopo Narghilè piacerebbero al Pietro di tre anni fa… La mia linea artistica è rimasta la stessa, anche a livello etico-professionale, perché sono una persona a volte indecisa, ma altrettanto attaccato ai miei valori e alle mie scelte. Nel mio percorso, dal 2018, ho tenuto saldi i miei parametri e anche le mie regole. Il consiglio che mi darei è di continuare a nel mio team e nelle persone che confidano in me e che mi vogliono bene.
Sergio: Al Peter White di Narghilè piacerebbe Rosè?
Peter White: Credo proprio di sì. Anzi, credo addirittura che qualcosa di Narghilè riecheggi in Rosè e anche in altri brani a cui sto lavorando. Specialmente nel ritornello.
Sergio: È tornata in copertina anche la ragazza disegnata che ha caratterizzato il tuo immaginario…
Peter White: Bravo! Questo potrebbe essere un messaggio neanche troppo nascosto… – ride – Sabato Sera aveva bisogno di un’altra estetica, ma con Rosè è tornato un certo tipo di immaginario, curato da un grafico bravissimo, Lorenzo Miola, che ha uno stile molto caratteristico e molto simile al mio. In ogni caso, le sorprese non sono finite, bisogna solo saperle aspettare.
Un pensiero riguardo “Peter White si racconta – Dal disco d’oro di Narghilè al suo nuovo singolo Rosè”