La recensione di “Sensazione Ultra”, il terzo disco di Ghali, uscito il 20 maggio 2022 per Atlantic Warner/Sto Records.

Ultimamente, sul canale YouTube di Raphaolic, abbiamo proposto un nuovo format basato sul concetto di Tier List: si ordinano dal migliore al peggiore i dischi usciti in un determinato anno o i progetti di un artista specifico. In realtà, come concetto, non è particolarmente diverso dalle Top 5 di fine anno, stilate sulla base dei criteri oggettivi canonici per giudicare un disco rap: la qualità delle strumentali, del flow, dei ritornelli, delle metriche e della scrittura nonché la profondità del contenuto, la coerenza artistica e la capacità di innovare.
Senza questi criteri, opinionisti e giornalisti come noi non potrebbero svolgere il loro lavoro e raccontare la musica, ma ogni tanto dobbiamo ricordarci che l’importanza di un cantante può essere diversa dal semplice “valore artistico” e avere addirittura una connotazione culturale, come nel caso di Ghali. Vietato confondersi: quando si parla di Ghali si parla di un rapper completo e iper-tecnico, di un ottimo scrittore e di un artista visionario e rivoluzionario, ma il motivo per cui si parla di un numero uno è da ricercare nel suo ruolo sociale per l’Italia. Ghali è stato il primo rapper di seconda generazione: ha reso possibile l’immedesimazione per una miriade di ragazzini italo-marocchini, algerini, tunisini ed egiziani che per ovvie ragioni possono rivedersi solo in parte in Marracash, Fabri Fibra, Emis Killa e Sfera Ebbasta. Ghali è Cara Italia, è il goffo incontro allo stadio con Matteo Salvini, è l’arabo mischiato all’italiano di Habibi e Wily Wily, è la “pizza kebab” e le connessioni con Lacrim, Soolking e ora Baby Gang. In poche parole, Ghali è stato importantissimo per la scena italiana anche al di fuori della sua musica.
La sua musica, poi, ha vissuto varie fasi ed è stata sempre oggetto di critiche. Nei suoi dieci anni di carriera è stato accusato, praticamente, di qualsiasi cosa ed è stato sempre al centro delle più disparate polemiche, come dimostrano i seguenti esempi:
- Nel 2012 faceva parte dei Troupe D’Elite e faceva la seconda voce a Fedez: era considerato un rapper di Serie B (per essere generosi) e venne massacrato da critica e pubblico insieme a Ernia e il resto del collettivo. Addirittura un giovane Gemitaiz, in uno storico diverbio online, gli diede del “poraccio” per messaggio.
- Lo stesso Ernia, nel 2016, pubblicava Neve, una traccia capolavoro destinata a far parlare di sé anche per una frecciata a Ghali, tacciato di ingratitudine (“E il mio amico non ha speso dieci cents per chiamarmi“) e di scelte comode (“Le batoste ci hanno dato due lezioni ben diverse / Uno ha imparato ciò che è giusto e l’altro ciò che conviene“);
- Al momento della sua massima esposizione, in seguito alla pubblicazione del suo primo disco Album, un progetto da dieci e lode, sono tanti, troppi, i dubbi ingiustificati sulle sue capacità artistiche. Il pubblico si chiede, in maniera acritica e sbagliata, se il vero uomo da incensare sia Ghali o Charlie Charles, che lo manovra come un burattino. O ancora potrebbe essere Dikele, direttore di Esse Magazine, che cura il suo marketing facendolo apparire molto più forte di quanto effettivamente sia? D’altronde è lo stesso Dikele a supportare questa tesi nel 2021, accusandolo in modo pesantissimo: “ti ho detto io come chiamare il tuo primo disco, ho scritto io i ritornelli delle tue canzoni“.
Nonostante le mille polemiche – e si potrebbero citare i burrascosi rapporti con Fedez o Guè e le già citate scintille con il politico Matteo Salvini – Ghali va valutato per i suoi progetti e la sua musica: i suoi due dischi, Album e DNA, sono rispettivamente un capolavoro e un ottimo disco, e la sua discografia è ricca di tracce strabilianti, che hanno lasciato un segno, dalle splendide Sempre Me, Dende e Ninna Nanna alle più mature hit Habibi, Happy Days, Cara Italia e Barcellona, fino ancora alle varie Ricchi Dentro, Boogieman, Wily Wily, Good Times e Cazzo Mene.
Il talento di Ghali è indubbio, dunque, ma il suo carattere guerriero e polemico ha sempre diviso, fra chi lo elogiava per le sue battaglie di integrazione culturale, certamente scomode per molti, e chi lo accusava di costruire il suo successo proprio su queste ultime (e dunque di “mangiarci sopra”). Addirittura, in molti, gli stessi che lo avevano identificato superficialmente come “minaccia trap”, non gli hanno perdonato qualche anno dopo il passaggio a una dimensione pop più facile e accessibile al grande pubblico, rappresentato da brani come I Love You e come la stessa Good Times, e qualcuno ha addirittura criticato la sua scarsa presenza nei dischi dei colleghi. La gran parte delle accuse che gli sono state rivolte – è chiaro – erano esagerate, faziose, prevenute, sbagliate e dettate da antipatia e dissidi di natura personale.
Una cosa è certa, quindi: l’Italia deve più rispetto a Ghali, per la sua caratura artistica e per ció che ha fatto per il rap italiano e per la cultura italiana. Si parla di un artista rivoluzionario e innovativo che si è sempre messo in gioco e, fin qui, non ha sbagliato un solo disco.
Paradossalmente, nonostante la carriera florida e le mille polemiche che lo hanno riguardato, Ghali è arrivato a fari spenti alla pubblicazione del suo terzo disco. Al di là, infatti, del buon impatto sul pubblico del singolo Wallah, comunque lontano dai fasti di Happy Days e Boogieman, la pubblicazione di Sensazione Ultra non ha fatto tanto rumore e, sebbene i dischi non vadano certamente giudicati sull’impatto mediatico o sul clamore, questo è un punto su cui vale la pena tornare in seguito.
Innanzitutto, però, vale la pena soffermarsi sulla struttura del disco: Sensazione Ultra è il disco più breve della carriera di Ghali e, con i suoi 32 minuti e mezzo, risulta inferiore ai 39 minuti di Album, ai 43 minuti di DNA e addirittura ai 37 minuti della raccolta Lunga vita a Sto. Si tratta, dunque, di un disco breve, rapido e, per sua natura, leggero, composto solo da dodici tracce.
Una seconda differenza, più significativa, che traccia una netta linea fra la doppietta Album-DNA e Sensazione Ultra, è nel fatto che quest’ultimo sia senza dubbio il disco meno pop di Ghali. Rispetto al passato, infatti, la scorza trap del progetto è evidentissima fin dalla scelta dei beat e dei flow e brani come Bravo, Free Solo, Moon Rage e Peter Parker suonano come una richiesta: “Toglietemi l’etichetta dell’artista pop!” Questa stessa volontà, inoltre, viene confermata dalle scelte relative a episodi come Bayna, Fortuna, Pare e Crazy, che profumano di pop ma sono anni luce distanti da tracce come DNA e Goodtimes. In Sensazione Ultra, il pop viene trattato con un approccio sperimentale e libero, venendo spesso contaminato dalle influenze trap di Ghali e, in questo modo, risultando al servizio del gusto personale dell’artista.
È lo stesso gusto personale di Ghali, inoltre, a far sì che dal punto di vista musicale si possa parlare di gioiello: Sensazione Ultra è un progetto con una grande struttura e un grande ordine, che scorre in modo fluido e amalgamato, sorprendendo continuamente l’ascoltatore ma, allo stesso tempo, trascinandolo in un viaggio magico e inconfondibile. Si potrebbe dire che le idee del rapper nel progetto sono state talmente chiare che Sensazione Ultra non ha un suono identificativo, ma è esso stesso un universo sonoro.
La scelta delle strumentali, infatti, è raffinatissima e può contare su beatmaker internazionali come London On Da Track (producer per Drake, A$AP Rocky e Young Thug) e un ispiratissimo Ronny J (Kanye West, Eminem ed XXXTentacion), ma anche sulla “scoperta” Rat Chopper, sui rodati Fawzi e Merk & Kremont e sull’intuizione Endless, protagonista di uno scherzo divertentissimo organizzato da Ghali.
All’interno della struttura così sperimentale del CD, poi, le scelte di featuring di Ghali si incastrano alla perfezione. Se in DNA si puntava sull’estro di nomi di punta del rap italiano come Salmo e tha Supreme e sulla classe internazionale di Soolking e Mr. Eazy, in Sensazione Ultra i “big italiani” vengono confermati (sono presenti un grandioso Marracash e una preziosa Madame) e la novità è da ricercare nella scelta di nomi nuovi come quello di Baby Gang e degli emergenti Digital Astro e Axell. Tutti gli ospiti sono riusciti a ritagliarsi uno spazio importante all’interno del progetto, aggiungendo valore fondamentale alle loro tracce con le loro caratteristiche tecniche e incastrandosi alla grande con lo stile di Ghali.
Ghali, infatti, ha dimostrato di essere in un buon momento di forma: i suoi flow sono, per tutto il disco, da autentico numero uno, sia che si trovi a rappare sulla cassa dritta di Wallah sia che il pezzo sia synth-pop come Fortuna sia, soprattutto, quando i ritmi trap esaltano le sue melodie e la sua versatilità. Bravo, per esempio, è un pezzo musicalmente straordinario, in cui il rapper si districa fra i mille bassi del beat di London, come anche Moon Rage, la cui strofa ha un evidente reference nello stile di Travis Scott, con un flow ipnotico a salti e pause lunghe che esaltano i montanti alla strumentale. Sono irresistibili, poi, i ritornelli di tutti i brani dell’album: in particolare rubano l’occhio le top line di Free Solo e di Peter Parker, forse la traccia che più di tutte dimostra la freschezza internazionale e la qualità ritmica di Ghali, esaltato dal capolavoro strumentale di Ronny J e accompagnato da un entusiasmante Digital Astro.
Era necessario Sensazione Ultra per scoprire la classe del flow di Ghali? Assolutamente no, è già notissima sin dagli exploit di Sempre Me, Dende e Ninna Nanna. Ghali è unico, versatile, completo e iper-tecnico. Il suo nuovo disco non fa altro che ribadire la sua sua quota qualitativa e riesce certamente alla perfezione in una missione importante: dimostrare che il tempo non ha intaccato le sue doti al microfono.
Parlando, invece, della scrittura di Sensazione Ultra, bisogna affrontare l’argomento in modo più complesso. Ghali si è dimostrato, anche in questo ambito, uno dei rapper più forti del panorama italiano, sin dal principio, con l’introspettiva Bayna, e con esercizi di stile pieni di versi metricamente stellari, di wordplay di alto livello e di punchline di spessore come le seguenti:
Non posso offendere Dio / Qui-quindi bestemmio la Diaz (Free Solo)
Big name, GTA, Grand Thеft Outfit (Moon Rage)
Se si vuole, invece, affrontare il tema del contenuto di Sensazione Ultra, il verdetto non può che essere diverso: questo disco, rispetto ai due precedenti, risulta meno profondo, meno imponente a livello di peso specifico e, più in generale, l’impressione è che sia meno ricco di concetti. Se Album e DNA raccontavano la figura, i sentimenti e la biografia di Ghali in maniera straordinaria con perle come, da un lato, Lacrime, Milano e Oggi No, dall’altro, Fast Good, Flashback e Fallito, Sensazione Ultra si limita a raccogliere esercizi di stile spensierati e brani d’amore come Fortuna e Crazy, con le sole eccezioni di una splendida ma breve intro e di un’outro sperimentale e travolgente.
Il vero difetto del disco, infatti, è proprio la mancanza di peso specifico: Sensazione Ultra risulta troppo leggero e, come si accennava a inizio recensione, inspiegabilmente breve. L’aggiunta di anche solo due tracce più scure, più profonde e più dense di contenuto avrebbero impreziosito il progetto, completandolo e innalzandolo a capolavoro. Così com’è, invece, il terzo disco di Ghali resta un album di grande qualità complessiva, ma la sua incompiutezza lo rende protagonista di qualche rimpianto: l’assenza di tracce scritte con il sangue sulla penna lo fa somigliare a un’amara occasione sprecata.
Inoltre, il peso specifico, storicamente parlando, nei dischi di Ghali, è spesso passato attraverso “hit non hit“, ovvero pezzi da milioni di streaming con un tasso di contenuto comunque alto come Ricchi Dentro, Ninna Nanna e, in misura minore a livello di risultati, Flashback. In Sensazione Ultra la capacità di Ghali di mettere a segno la “hit di contenuto” non si è vista. Anche questo è un peccato.
Volendo proporre una metafora calcistica, particolarmente fortunata in un periodo in cui la squadra del cuore di Ghali, il Milan, ha vinto il campionato di Serie A, si potrebbe paragonare il suo momento di carriera del rapper al Neymar Jr. visto negli ultimi anni di Paris Saint Germain. Neymar è un giocatore meraviglioso e imprevedibile, forse il più estetico al mondo, strepitoso nel controllo di palla, nel dribbling e nella giocata più in generale, capace di realizzare gol come questo in finale di Coppa di Francia, in cui mette a segno un pallonetto sensazionale e spettacolare. Allo stesso tempo, il numero 10 brasiliano, nei suoi cinque anni di esperienza parigina, non è mai riuscito davvero a essere incisivo nelle grandi partite di Champions League, portandosi dietro rimpianti molto significativi anno dopo anno.
Al contrario, Rafael Leão, il vero eroe dello scudetto del Milan di Ghali, è riuscito a scrollarsi di dosso le etichette di giocatore lezioso e puramente estetico negli ultimi dodici mesi, dimostrandosi decisivo nelle partite cruciali e mettendo la sua classe al servizio di gol e assist fondamentali per la vittoria rossonera. Allo stesso modo, Ghali ha dato il meglio di sé quando è riuscito a incanalare la sua tecnica strabiliante, la sua eleganza melodica e la sua creatività sconfinata in progetti d’impatto e in canzoni dal peso specifico altissimo e dal successo clamoroso: Cara Italia ne è l’esempio più lampante. L’impressione è che Sensazione Ultra sia un album più “alla Neymar-PSG” che “alla Leão degli ultimi mesi”, al punto che il picco di profondità della scrittura del disco è rappresentato dalla strofa di un ospite: Digital Astro in Peter Parker.
Per concludere, quindi, la recensione di Sensazione Ultra, bisogna dire che si tratta di un progetto musicalmente eccezionale, creativamente strepitoso e dal tappeto sonoro eccellente, su cui Ghali ha surfato alla perfezione con grandi flow e grande penna, ma anche che, rispetto al passato, risulta meno ricco di contenuto, come se l’artista avesse effettivamente meno cose da dire. Probabilmente, è solo per questa ragione che l’album, rispetto a DNA e Album, risulta qualitativamente un pochino inferiore e il vero rimpianto è che a un artista del suo calibro, fra l’altro in un momento di gran forma, sarebbe bastato aggiungere un paio di tracce conscious come ha saputo fare egregiamente in passato.
Ciò che, dunque, si può raccontare di Sensazione Ultra, è che somiglia molto più a un mixtape che a un album, per scelte di tono e struttura, e che per la sua leggerezza difficilmente il suo titolo sarà ricordato, fra dieci anni, nella hall of fame dei progetti del rapper. Tuttavia, Ghali ha la fortuna di trovarsi in un periodo storico in cui i dischi sono integrabili anche successivamente alla loro pubblicazione: le bonus track potrebbero rendere Sensazione Ultra ciò che in questo momento non è, elevandolo da buon disco con criticità impossibili da ignorare a progetto completo di enorme caratura. La speranza è che lo faccia, anche e soprattutto perché un album del genere, con una presenza così massiccia, in percentuale, di scrittura in arabo, merita e ha bisogno di tracce conscious a tema immigrazione e integrazione: scure, scritte con il sangue sulla penna e rappate con la rabbia di chi ha vissuto certe esperienze sulla sua pelle. Per confermare ancora una volta l’importanza culturale di Ghali che si citava a inizio articolo. Per essere decisivo come Rafael Leão e non soltanto spettacolare come Neymar Jr.
Un pensiero riguardo “Sensazione Ultra di Ghali: ultra-capolavoro o ultra-disastro?”