Gli artisti capaci di reinventarsi, alzare l’asticella e stupire sono coloro che alla lunga otterranno i risultati sperati ma soprattutto non saranno comparse di passaggio.
Sono anni che si parla bene di Gianni Bismark e la sua capacità grezza e veritiera di raccontare Roma è sempre l’aspetto che viene messo più in rilievo. Si suole prestare meno attenzione al suo percorso di crescita che merita rispetto e magari più considerazione da parte della scena e del pubblico.
Nessuno potrà dire di rimpiangere “il vecchio Gianni”. Gli albori della sua carriera sono stati meno esaltanti e gratificanti. I panni del trapper amico della Dark Polo Gang che ostentava marche e soldi non lo rispecchiavano. Non era un immaginario che gli si addiceva più di tanto anche se il suo potenziale si era sempre percepito.
Da “Re senza corona“, il suo grande classico, all’ultimo progetto “Bravi ragazzi” il classe ’91 ha dato il meglio di se abbandonando il filone con cui si era fatto conoscere, sostituendolo gradualmente col rap fino ad arrivare addirittura al cantautorato. Quest’ultima classificazione è la più adatta per descrivere l’ultimo disco e mostra la sua maturazione artistica, aumentata anno dopo anno.
Ovviamente non si può biasimare chi lo preferisce quando rappa nei singoli genuini e aggressivi però è innegabile che sia stato svolto un lavoro serio sul suo suono e nei suoi testi. I featuring sono mirati, seguono il raggiungimento della qualità come unico scopo. È da menzionare, per esempio, la strofa di Speranza che, grazie anche al suo apporto, compone uno dei migliori pezzi della discografia dell’autore di “Nati diversi”.
L’unico rammarico può essere la poca attenzione che è stata fornita all’album a causa del periodo storico complicato e della quantità smisurata di progetti di rilievo nell’ultimo mese. Gianni Bismark non è comunque un rapper ossessionato dai numeri e mai lo sarà perché toccare il cuore ed entrare nel quotidiano delle persone è più soddisfacente dei riconoscimenti e di state in testa alle classifiche.