Dargen D’Amico è un artista poliedrico, versatile, intrigante e che vive da sempre in un bivio tra le potenzialità incomprese e una scrittura osannata che a volte lascia perplessi.
Molti esponenti della scena lo ritengono un punto di riferimento, un poeta e un genio a tutto tondo. Indipendentemente dai gusti, è innegabile che un rapper che collabora con i Club Dogo, Fabri Fibra, Fedez e il meglio della scena del 2016 abbia delle qualità strabilianti anche se non sempre si riescono a notare.
Ultimamente il riscontro del pubblico è migliorato notevolmente come mai gli era successo e il merito va alla sua partecipazione a Sanremo. “Dove si balla” è un brano esplicitamente radiofonico e liricamente meno profondo del suo solito ma nonostante ciò conserva la sua identità. Gli ultimi featuring rilasciati avevano fatto percepire che, nella sua nuova fase della carriera, il disimpegno si sarebbe ritagliato uno spazio importante.
Onestamente non si può dire che non abbia le capacità per farlo però la sensazione drastica che si stia adagiando sugli allori di un talento lampante, è innegabile. Il nuovo CD è la dimostrazione che abbia usato le sue canzoni più leggere per accaparrarsi un pubblico più ampio per far sentire cosa realmente ha da dire.
Le tematiche affrontate nel nuovo album e le sonorità sperimentali sono trascinanti e portano l’album ad essere intrattenente e riflessivo. Parlandoci chiaramente: non c’è un vero e proprio concept, però la scaletta dei pezzi è scelta accuratamente e permette all’ascoltatore di non annoiarsi. Tuttavia, non tutto è perfetto. Se per la musica possiamo considerare il prodotto ineccepibile, il marketing che ha adottato negli ultimi album non sta portando buoni risultati. Ovviamente non si parla solo della scelta di non inserire collaborazioni, bensì annunciare il disco poco prima dell’uscita e non fare nulla per sponsorizzarlo, come se si volesse appositamente lasciare in sordina.
Tutto ciò non intacca la sua arte, ma è comunque frustante vedere artisti mediocri incidere di più di un veterano del “cantautorap”. D’altronde, meglio toccare nel profondo le anime di poche persone che di tante ma solo in superficie.