Sin dal suo esordio mainstream con il banger Rozzi, è stato subito chiaro che Paky fosse un rapper grezzo e ruvido, per certi versi quasi primitivo, nel modo di scrivere e di rappare. La sua natura di “fango e polvere” è stata da sempre il suo valore principale: i suoi versi crudi e sporchi, sputati – e non rappati – sui beat di Kermit, hanno reso la sua figura credibile e iconica e hanno consolidato, via via, uno stile assolutamente unico nel panorama italiano, basato su fotta, flow rabbiosi e sentimenti viscerali. Non esiste, in Italia, un altro rapper come Paky.
Allo stesso tempo, però, va detto che lo stile unico di Paky, che è senza dubbio il suo grande punto di forza, è stato grandemente contestato e messo in discussione: se si analizzano i suoi pezzi con una lente d’ingrandimento esclusivamente qualitativa, va detto che sono pieni di errori tecnici di flow, delivery e di metrica e spesso la loro scrittura è irregolare ed estremamente semplice. Persino la strofa migliore della sua discografia, in Rari di Tedua, è sì in grado di far venire i brividi a qualsiasi ascoltatore, ma è allo stesso tempo basata su un’emotività istintiva e primordiale. Quando Paky scrive e rappa non mira certamente a colpire il cervello dell’ascoltatore, ma lo stomaco.
Negli ultimi mesi, tuttavia, le sue performance in featuring, probabilmente galvanizzate dal beef sanguigno con Rondodasosa, hanno evidenziato dei progressi leggeri e silenziosi, ma dall’importanza decisiva. Infatti, il primo estratto del suo album in uscita nel 2022, Blauer, è un singolo convincente da artista migliorato e consolidato, dalle idee chiare ed attento ai dettagli estetici e di comunicazione.
Bandito ed Extendo – Meglio un nemico vero che un nemico immaginario:
La faida fra Paky e Rondodasosa e, più in generale, fra Rozzano e San Siro, fatta di cori da stadio e sfide a boxe che hanno molto poco a vedere con l’hip-hop, si è trasformata in una vicenda dai contorni tragicomici e ha messo in luce una serie di comportamenti davvero preoccupanti da parte della nuova scena milanese. Probabilmente, l’unico scambio interessante in termini di rap è stato il goffo tentativo dell’emergente Keta di dissare Shiva, che lo ha letteralmente massacrato con una strofa-risposta nel remix di Extendo di Lele Blade.
La stessa Extendo, inoltre, su cui Lele Blade ha ironizzato in questo modo:
Mi chiedo perché Extendo susciti voglia di guerrilla urbana
ha ospitato il secondo dei due attacchi di Paky a Rondo (il primo era contenuto in Bandito nel disco di Don Joe) ed ha letteralmente entusiasmato il pubblico del rap italiano come forse una sua strofa non aveva mai fatto. Visti i suoi limiti tecnici e le sue performance non all’altezza della situazione nei remix di Sport e Tik Tok, il rapper di Rozzano non era certamente il più amato dai puristi e dal pubblico meno legato allo street-rap, ma dopo lo scontro con Rondo ha vissuto un’involontaria e inevitabile trasformazione d’immagine. Con la doppietta Bandito-Extendo, in cui sfidava a viso aperto una delle figure più criticate e criticabili del rap italiano, la scena e il pubblico hanno iniziato ad apprezzarlo molto di più, soprattutto perché a differenza del rivale aveva scelto di colpire con la musica. Con le sue strofe-diss, infatti, aveva preso le distanze da quella “guerrilla urbana” di pessimo gusto e aveva implicitamente dichiarato: “Io, al contrario vostro, sono un rapper e se voglio parlare lo faccio con le mie barre“.
Ciò che in realtà è passato in secondo piano, ma è in realtà l’aspetto più interessante del beef, è quanto Paky abbia alzato il suo livello nelle due strofe di Bandito e Extendo, come se la presenza di un nemico vero, con un volto e un nome, lo abbia portato a tirare fuori il meglio di sé. Da sempre si dice, nel rap, che la competizione sia la benzina più efficace per molti artisti tanto nelle collaborazioni quanto nelle battaglie all’ultimo sangue: basti pensare al fatto che le due diss-track con cui Vacca affrontò Fibra, Il Diavolo non esiste e Nella fossa, sono nettamente superiori al 90% della sua discografia.
Non è un caso, dunque, che la faida con Rondo – e d’altra parte le collaborazioni con rapper forti come Lele Blade e soprattutto Emis Killa – abbia portato Paky a un incremento silenzioso ma esponenziale del suo tasso tecnico e carismatico. L’attacco di Bandito, in cui il rapper entra in scena sul vuoto post-ritornello, è un esempio perfetto:
Ah, sono con Killa, da Dogozilla
Oppure in giro con i killer
In questa serie iniziale di versi si vede già il netto miglioramento di Paky in termini di metrica: per tutta la strofa, infatti, varia in modo intelligente le rime di chiusura dei versi e propone anche qualche incastro del tutto inedito per la sua carriera. Anche quando non chiude le rime, poi, come quando rappa:
Ho gli amici che son suscettibili
Sanno già che sei poco credibile, babbo
lo fa con piena cognizione di causa, sfruttando la somiglianza di sillabe delle due parole e rendendo musicalmente più originali le sue canzoni. Anche questo è sfruttamento della metrica e, considerato che cinque mesi fa il massimo della sua proposta era:
Ora ho fatto successo
Prima stavo sul cesso
si parla di progressi decisamente significativi.
Inoltre, in Extendo, arrivata due mesi dopo, la crescita di Paky è ancora più evidente: sono presenti in poche barre più di una serie di versi metricamente di alto livello, come la seguente:
Nun parlà assai che ti appendo, sotto casa ti attendo
È inutile che ti atteggi, fossi in te, starei attento, ah (Attento)
È chiaro dunque che il rapper è riuscito, senza grandi proclami e quasi senza farsi notare, in un’impresa molto più difficile di quanto si possa pensare: alzare il suo tasso tecnico senza “pulire” il suo stile. Se il suo punto di forza è sempre stato l’essere ruvido e sporco, una maggiore raffinatezza metrica avrebbe potuto snaturarlo, facendogli perdere la sua unicità, ma Paky ha lavorato nel modo giusto perfezionandosi e arrivando, in definitiva, a un brano street molto più maturo e convincente di Rozzi, Boss e Tuta Black: Blauer.
Blauer – Un pezzo-cannonata fatto di strada, attutidune e rime scorrette:
In un articolo di un anno fa in cui analizzavo le prestazioni in featuring di Paky, suggerivo due strade che il rapper avrebbe potuto seguire per ottenere una crescita significativa:
1: Prima abbiamo sottolineato come Paky debba necessariamente allargare il suo raggio di soluzioni musicali, tentando di diventare, un po’ alla volta, più eclettico e polivalente. Un’altra sua urgenza, a questo punto, è l’esigenza di avere più spesso un riscontro con il pubblico per capire quali strofe funzionano e quali invece non convincono.
2: Se è vero, dunque, che Paky avrebbe bisogno di un confronto più regolare con il pubblico, ne consegue logicamente che, prima di dedicarsi a remix di pezzi esageratamente complessi come Sport o Tik Tok, forse dovrebbe puntare su un irrobustimento della sua discografia. Quest’ultima, infatti, conta solo 5 canzoni (Rozzi, Tuta Black, Non Scherzare, Boss e In Piazza) e nessun progetto discografico in 2 anni di carriera.
Il primo suggerimento riguardava un ampliamento di soluzioni musicali e, invece, Paky ha dimostrato brillantemente che la sua crescita sarebbe dovuta passare attraverso un perfezionamento dello stile che lo aveva reso grande. Il secondo suggerimento, al contrario, si è allineato a ciò che il rapper ha deciso per il proseguimento della sua carriera: ha messo a segno cinque featuring in meno di un anno (nei precedenti due anni ne aveva messi a segno solo quattro) e ha scelto, finalmente, di puntare su un album solista.
Il singolo di presentazione del progetto è Blauer, prodotto da una coppia inedita: Kermit, beatmaker di fiducia di Paky, e Drillionaire, senza dubbio l’uomo del momento della scena rap italiana. Se da un lato Kermit rappresenta la comfort-zone, avendo scolpito melodie iconiche per Rozzi, Tuta Black e Boss, la scelta di chiamare un fuoriclasse come Drillionaire per l’album racconta la volontà di aprirsi nuovi orizzonti musicali e nuove prospettive. Il connubio fra i due producer, come prevedibile, è stato esplosivo e vincente: Blauer è una vera e propria cannonata in cui i kick di Drillionaire colpiscono come feroci martellate su un’incudine.
Paky, d’altra parte, ha interpretato il brano in modo brillante, trasformando una strumentale vincente in un grande brano gangsta-rap senza sbagliare una singola scelta, dallo strepitoso ritornello alla realizzazione di un video ufficiale – l’ennesimo – che fotografa un’estetica chiara, definita e perfetta per raccontare la sua musica. Ogni cambio di flow delle due strofe è stato scelto con grande intelligenza, come questo, in cui il rapper anticipa l’impatto del kick facendo seguire i suoi versi da vere e proprie esplosioni, o questo in cui diventa di colpo più rabbioso e il suo modo di rappare diventa a tratti urlato.
Se però si è detto che gran parte del talento di Paky deriva dal suo carisma e dalla sua attitudine, bisogna anche riconoscere una scrittura perfetta per il mood pezzo e rigorosamente “alla Paky” nel suo essere greve e violenta. Ascoltare canzoni come Blauer significa essere pronti a sentire barre da gangster come “volevo una Glock, ora ne ho quattro / volevo un chilo, ne ho presi otto” e anche versi sessualmente sporchi come: “metto palle e pesce insieme quando me la fotto”, perché Paky non ha alcun tipo di limite o freno inibitore. Nel pezzo, addirittura, sono state usate parole volgari e squallide come “finocchio” e “ricchioni”, ma è chiaro che indignarsi per termini del genere in un pezzo il cui video racconta di crimini, pestaggi e spaccio sarebbe quantomeno paradossale.
È il solito discorso controverso sulla presunta “responsabilità” dei rapper, in cui un verso molto brillante di Ernia, in King QT, si inserisce in modo calzante proponendo una prospettiva, francamente, inattaccabile:
Il giornalista chiede se il rap incita alla droga
I giovani capiscono e conoscono la droga
Faccio una foto al vostro mondo stronzo e c’è la droga, quindi
Prossima domanda, cazzo, questa era un po’ idiota
Allo stesso tempo bisogna ricordare, specialmente per tutelare gli ascoltatori più piccoli e sensibili a un certo tipo di influenze, l’importanza di sapere ascoltare il rap di strada, interpretandolo come intrattenimento e non come riferimento.
Tornando a Paky, il discorso resta comunque lo stesso: il suo stile funziona perché è grezzo, volgare e terra terra, sia nel bene che nel male. Questo significa che le sue canzoni colpiscono sempre l’ascoltatore allo stomaco, non solo quando riescono a emozionarlo, ma anche quando lo caricano, quando lo raggiungono con il veleno del rapper di Rozzi e – perché no – anche quando indignano e fanno incazzare.
Blauer, rispetto ai banger Rozzi e Tuta Black, mostra un evidente salto di qualità in carisma, tecnica e conoscenza dei propri mezzi e lascia dunque presagire un album d’esordio street, solido, iconico e profondamente “alla Paky”. D’altra parte, è probabilmente ciò che tutti si aspettano e anche ciò di cui il rapper ha bisogno. Viste le premesse, vale la pena scommettere un gettone sul progetto, specialmente se il tridente Paky-Kermit-Drillionaire verrà confermato. D’altronde, questo trio sembra davvero in grado di scuotere le montagne.
2 pensieri riguardo “Blauer, Extendo e Bandito – Paky è cresciuto e oggi ha trovato la sua dimensione ideale”