Abbiamo chiamato Inoki, per parlare della repack del suo disco, “Nuovo Medioego”, e più in generale del suo 2021, fra eventi dal vivo e un album che mancava da sette anni.

Intervista a cura di Sergio Mattarella:
Sergio: Ciao Fabiano! Sono onorato di poterti intervistare, per me è davvero un traguardo importante. Inizierei l’intervista con una domanda generale su Nuovo Medioego. Quando ho ascoltato il disco a gennaio, ho avuto l’impressione che fosse un progetto completo, con delle quadrature ben definite. Cosa sei riuscito ad aggiungere con questa repack?
Inoki: Ciao Sergio! Possiamo dire che Medioego è il castello e le tracce della repack sono le torri. Proseguendo su questa metafora, potrei dire che abbiamo aggiunto una decorazione per il palazzo. Nuovo Medioego ci voleva perché nel CD originale mancavano i featuring, cioè ce n’erano veramente pochissimi, e inoltre in seguito a delle disgrazie personali che mi sono capitate poco dopo l’uscita dell’album ho capito che il mio Medioego non era ancora finito. Ho scelto di parlarne in questa repack.
Sergio: C’è stato un cambio di rotta anche dal punto di vista grafico: la copertina di Nuovo Medioego è molto diversa da quella della versione originaria del disco…


Inoki: Guarda, ti dico: io non mi occupo delle grafiche dei miei progetti da un po’ di anni! – ride – Mi fido dei miei grafici e dei videomaker perché mi sono reso conto che provare a occuparmi di questi aspetti non giova ai progetti. Io mi occupo del rap, neanche più dei beat: ho prodotto il mio penultimo album L’antidoto perdendoci la testa e impiegando due anni per dodici canzoni, quando magari lavorando con dei produttori competenti il disco sarebbe stato pronto in due mesi. Da un po’ di tempo a questa parte ho deciso di dedicarmi unicamente al mio lavoro.
Sergio: Allora io mi concentrerei sul tuo lavoro e in particolare sul brano che ha anticipato Nuovo Medioego, ovvero 100S, a proposito delle sigarette. Ricordo che Izi, con cui hai condiviso il palco di recente e che ha realizzato Aletheia, dal concept molto simile al tuo CD, una volta ha affermato che il fumo è uno dei grandi mostri dell’era moderna. Tu sei d’accordo?
Inoki: Beh sì: alcol e tabacco, ovvero i “mostri legali”, sono i peggiori. Sono anche precedenti al Medioego: ricordo che mio nonno mi raccontò del 25 aprile ’45, quando gli Americani regalarono le stecche di sigarette agli Italiani per la liberazione. Il tabacco esiste dal Dopoguerra, mentre l’alcol è da sempre presente nella vita umana e non siamo ancora in grado di gestirlo in modo sano.
Sergio: Nello stesso pezzo hai rinnovato la tua intesa, artistica e umana, con la scena ligure, grazie al featuring con Bresh e Disme…
Inoki: I love Drilliguria e ti spiego perché: da bambino abitavo a Imperia! È vero che i ragazzi della scena attuale sono nati tutti quando io me n’ero già andato da lì, ma vedendo la loro voglia di rendere rilevante la Liguria mi sono esaltato come un bambino. Lì, salvo poche eccezioni, non c’è mai stato nulla di particolarmente rilevante: quindi ho sempre tifato per loro e loro hanno sempre tifato per me. Se posso fare una collaborazione con Tedua, Izi, Bresh o Disme la faccio volentieri, anzi mi dispiace che non ci sia Vaz Tè. Inizialmente i ragazzi erano un po’ dubbiosi su 100S perché avevano un po’ paura del concept delle sigarette, ma alla fine il risultato è la giusta espressione di questo mio periodo in cui fumo tantissimo. Mi sono reso conto che, fra tutte le dipendenze che ho superato, non riesco a sconfiggere quella che in teoria dovrebbe essere la più facile da affrontare, ma che in realtà è la più difficile.
Sergio: A livello artistico, cosa ti entusiasma di più del movimento-Drilliguria?
Inoki: Li adoro innanzitutto perché sono liguri: io sono un po’ così… – ride – Musicalmente mi piacciono perché sono belli matti, hanno una certa coscienza politica e, pur facendo tendenza, riescono a essere rivoluzionari e ad andare contro. Mi ci ritrovo alla grande, mi ricordano com’ero dieci anni fa. Inoltre non dimentico quanto mi hanno supportato: se c’erano 50 persone a vedermi, a Genova, sicuramente 30 erano loro.
Sergio: Ti voglio fare una domanda più trasversale sul Medioego. Secondo te il periodo-Covid, fra epidemia e quarantene, ha amplificato i problemi sociali che racconti nel disco?
Inoki: Direi di sì: stare chiusi in casa così tanto tempo è stato come stare in prigione. In un certo senso siamo tutti usciti da un carcere e secondo me un buon 80% della popolazione mondiale è psicopatica. Il vero dramma degli ultimi anni forse è psicologico, ancor più che relativo alle terapie intensive, e non so quanto ci vorrà per riprendersi da effetti del genere.
Sergio: Quando ascolto Medioego, però, non ho mai la percezione che sia un disco “negativo”, ma piuttosto che racconti tante ombre, tanto buio. Sottolineo questa differenza perché al suo interno sono presenti Nomade, Ispirazione e Immortali, che aprono a delle prospettive gioiose.
Inoki: Infatti io mi considero una bilancia e nel progetto metto a confronto il buio e la luce. Sono stato caratterialmente una persona – e quindi un artista – in grado di raccontare il dramma e allo stesso tempo di cazzeggiare. In Fabiano detto Inoki raccontavo un po’ di tutto e anche in Medioego ho provato a farlo: con quei brani cerco di inseguire la luce in fondo al tunnel.
Sergio: Medioego è un disco che può lasciare un insegnamento all’ascoltatore?
Inoki: Me lo auguro fra. Mi lusinghi facendomi una domanda del genere… Io non sono partito con l’idea di insegnare, ho semplicemente espresso i miei pensieri, al massimo cercando di trasmettere la mia esperienza.
Sergio: In Nomade, per esempio, proponi un approccio alternativo alla vita…
Inoki: Nomade è la mia vita infatti e Ispirazione è un pezzo scritto veramente davanti al mare! Ogni brano di Medioego racconta qualcosa sulla mia vita e lo stesso vale per le tracce di Nuovo Medioego.
Sergio: Quindi si può dire che tracce come queste rappresentano la via d’uscita per un periodo buio?
Inoki: Esattamente. Medioego è un periodo che per me è iniziato con la maledizione del Covid ed è proseguito dopo l’uscita del disco, a causa di alcune disgrazie personali a cui accennavo prima. Vorrei che questo repack, Nuovo Medioego, rappresentasse la fine di questo percorso, in modo che io possa entrare in una nuova fase personale e artistica.
Sergio: In quest’ultima fase, però, sei riuscito a “chiudere molti cerchi”: penso alle collaborazioni con Salmo e Nerone, per esempio, che pongono fine a dei beef in modo costruttivo e positivo. Hai la sensazione che questo 2021 abbia cambiato la tua immagine nella scena?
Inoki: Io ho dissato tutti. Anzi, nel caso di Nerone si trattava di un’opinione, non di un dissing, ma ho comunque chiarito con tutti gli artisti con cui ho discusso. Quando sono diventato famoso, nel 2001, ero considerato un rapper che univa. In seguito, con l’avvento del mainstream, sono uscito fuori da determinati circuiti e mi sono posto come un outsider e oggi, infine, sono tornato a essere ciò che ero e che in fondo sono. Anche nel mio periodo da outsider, infatti, ho unito con Rap Pirata o con altre iniziative. A me piace unire e stare insieme; mi esalta il concetto di collettività.
Sergio: Oggi ti senti un po’ un punto di riferimento per la scena?
Inoki: Boh, spero di no per la gente! – ride – Diciamo che questo percorso inizia nel 2018 con l’anno della pace e prosegue negli anni successivi grazie a diverse collaborazioni e connessioni. Ho voglia di creare insieme, nel bene e nel male.
Sergio: Colgo la palla al balzo: a proposito di collaborazioni, come mai la scelta di includere Nayt e Nerone in Nuovo Medioego?
Inoki: Nayt è fortissimo, è un fenomeno, ci scrivevamo su Facebook quando ancora lo conoscevano in pochi. Quando mi ha omaggiato con una citazione a Real Talk, mi ha fatto piacere e ci siamo sentiti di nuovo. Io sono fatto così: se vedo un ragazzo forte gli scrivo e gli faccio i complimenti. Inoltre lo ritengo un artista simile a me per stile di scrittura e profondità: è uno che trasmette messaggi e fa provare emozioni con la musica. Chi meglio di lui su un brano del genere? Nel caso di Nerone il discorso è un po’ diverso, perché volevo fare il remix di Duomo con un artista di Milano. Ci ho ragionato un po’ e dopo l’uscita del suo Maxtape, in cui indossava la corona a forma di Duomo, mi è sembrata una scelta vincente. Abbiamo realizzato questo featuring in grande amicizia e la collaborazione ci ha unito ancora di più.
Sergio: Prima di farti l’ultima domanda su Medioego, vorrei chiederti un’opinione sulla scena bolognese. Ho visto che ultimamente sei stato un riferimento anche per gli eventi dal vivo della tua città, a cui hanno partecipato anche rapper molto diversi da te come Drefgold e Tredici Pietro. Secondo te la scena bolognese è in fase ascendente?
Inoki: Sì, assolutamente. L’evento è il Bolo by night, che organizzo io insieme a uno staff molto forte di Bologna che si chiama 404 Music Group. Fondamentalmente loro si sono sempre occupati di clubbing, ma insieme abbiamo scelto di proporre un tipo di evento che fosse hip-hop a tutti gli effetti, in stile 2theBeat ma per gli artisti di Bolo. Nello specifico io presento alla città gli artisti emergenti, mentre Drefgold e Tredici sono stati chiamati come guest star: lo scopo è puntare i riflettori sulla nuova scena rap-urban ma anche pop e soul. Oggi Bologna non ha la visibilità che aveva negli anni ’90, quindi credo che quest’iniziativa fosse necessaria per riportare la nostra città sulla mappa. Dopo anni di buio finalmente possiamo raccontare una scena fiorente, con rapper affermati come Drefgold e tantissimi emergenti come Macello, che spacca, o come Mido, che in questo momento è il più forte.
Sergio: Ti faccio un’ultima domanda a proposito dell’intero “capitolo Medioego” e più in generale sul tuo 2021. Qual è la grande lezione che ti ha insegnato questo disco?
Inoki: La grande lezione che ho imparato è che bisogna smetterla di perdere tempo e darsi da fare. Citando Gomorra, siamo sempre in tempo per riprenderci “quello che è nostro”.
Sergio: Quindi adesso ci dobbiamo aspettare dei nuovi album di Inoki?
Inoki: A ripetizione fra’! L’obiettivo è farne almeno uno all’anno. Non è una promessa, perché le promesse le fanno i politici, ma un obiettivo. Voglio realizzare almeno un disco all’anno!
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