È il 21 dicembre 2013 quando Shiva pubblica il suo Ogni Giorno Mixtape. Si parla di otto anni fa, di un mondo rap assolutamente diverso da quello di oggi e di una scena in cui Sfera Ebbasta è ancora un perfetto sconosciuto e in cui Fedez è considerato la figura di riferimento. Shiva è un classe ’99: in quel 2013 ha quattordici anni; è un debutto da record per il rap italiano, specialmente perché l’età è l’ultimo argomento di cui vale la pena parlare. Shiva è già fortissimo. Ha carisma, è tecnicamente straripante, scrive come chi vuole spaccare il mondo ed è musicalmente molto brillante. Ha tutto il tempo del mondo per sviluppare il suo talento e diventare il numero uno.
Oggi Shiva ha 21 anni. Sono passati quasi otto anni dal suo esordio e la sua carriera ha visto un’evoluzione folle, un percorso rocambolesco e pieno di colpi di scena, può vantare una discografia ricchissima (sei progetti discografici e una quantità smisurata di singoli e featuring) e consiste certamente in un unicum assoluto.

Infatti, Shiva a soli ventun anni ha già vissuto diverse delle tappe artistiche che gli artisti solitamente attraversano fra i ventitré e i trent’anni (Sfera Ebbasta, per esempio, ha esordito con il primo disco ufficiale XDVR a ventitre anni, Lazza con Zzala a ventidue ed Ernia con Come uccidere un usignolo / 67 a ventiquattro. Tutti e tre sono comunque esplosi definitivamente negli anni immediatamente successivi).
Riassumendo il percorso di Shiva in poche righe, si può dire che:
- Fra il 2014 e 2017 è considerato (giustamente) la next big thing del rap italiano, firmando un contratto con la scuderia di Honiro e risultando il più giovane rapper di sempre a farlo. In questo periodo ha modo di completare una prima maturazione, di pubblicare il primo splendido progetto Tempo Anima e di collaborare con big della scena come Mostro, Sercho e Cranio Randagio.
- Nel 2018 pubblica il suo brillante secondo album Solo, in cui inizia a definire una nuova musicalità, più moderna e vicina alle influenze trap americane, e anche una nuova poetica in cui la strada e il quartiere sono assolutamente centrali. Nello stesso anno Shiva ricomincia da capo: rompe in maniera piuttosto violenta con Honiro e inizia un nuovo percorso con Jive Records sulla scia di Solo, pubblicando gli ottimi singoli Santana e Come No e i remix delle hit straniere Kooda e Thotiana.
- Nel 2019 il suo nuovo percorso gli permette via via una crescita esponenziale, qualitativa e a livello di ascolti. Shiva da una nuova quadratura alla sua carriera, trova una dimensione artistica ideale e sforna singoli come Radar, Guai, RIP RMX e Take 1, che benedicono il suo anno. Nei mesi successivi arrivano le prime collaborazioni con i super-big della scena come Mon Fre con Emis Killa e Soldi in Nero con Sfera Ebbasta, ma anche Mattoni, Walter Walzer Holly e Benji e Tuta Black, e addirittura il primo featuring internazionale, Taste RMX con il rapper di Manchester Aitch. Nel 2019, la scena intera è ai piedi di Shiva.
- Il 2020 dev’essere l’anno della sua consacrazione, l’anno in cui coronare gli anni di gavetta con il primo album mainstream… È invece l’anno più difficile e controverso della sua carriera. Nel corso dei dodici mesi, il rapper non riesce mai a superare il compitino quando ci si aspetta il salto di qualità: né con l’EP Routine, decisamente meno esaltante dei brani solisti dell’anno precedente, né con Take 2, né con Bicarbonato e né tantomeno con Auto Blu, probabilmente il più grande disastro dell’intero anno, che ne mette improvvisamente a repentaglio la reputazione.
Attraverso questa premessa “storica” potrete sicuramente intuire l’importanza che Dolce Vita, il nuovo album di Shiva, riveste per la carriera del giovane rapper di Milano Ovest. Dolce Vita è l’album della rivincita, l’album che deve spazzare via le critiche e allo stesso tempo che deve dimostrare ancora una volta – l’ennesima per la sua carriera – la bravura di Shiva, oggi che la sua figura non è più una novità.
Recensire Dolce Vita non è un lavoro facile, perché nella sua valutazione vanno considerati una moltitudine di aspetti complessi e di difficile lettura. Dunque, bisogna innanzitutto definire che tipo di progetto ci si aspettava da Shiva e io stesso, sei mesi fa, chiudevo una severa valutazione dell’anno di Shiva affermando che:
Un rapper giovane come lui ha tanti anni per sviluppare il suo talento, dunque il suo passo falso è ampiamente comprensibile. Dal suo 2021, peró, è lecito aspettarsi una crescita definitiva, soprattutto a livello di penna.
Effettivamente, da questo punto di vista Dolce Vita non delude, anzi, entusiasma. Dolce Vita è uno strepitoso album conscious, scritto in maniera davvero eccezionale, dalla prima all’ultima traccia. Shiva, da molti criticato per il netto calo contenutistico della sua produzione, ha risposto alle critiche con un disco solido, scritto in maniera rabbiosa, in maniera tecnica, in maniera emozionante, ma soprattutto in maniera sincera.
È evidente che Dolce Vita, liricamente parlando, non sia un progetto studiato a tavolino, lavorato organicamente e con una visione amplia, ma è proprio qui che si concentra la sua forza: Shiva ha palesemente scritto i testi in modo elettrico e nervoso, graffiando i fogli di carta e lasciando fluire tutte le emozioni che lo hanno accompagnato in questo viaggio folle e rocambolesco che è stato fin qui la sua vita. O, per meglio dire, La sua storia. Il nuovo album di Shiva, dunque, è un disco conscious nel senso che si tratta di un disco ricchissimo di contenuti, ma non nel senso che il suo autore sia cosciente. In Dolce Vita non c’è spazio per il ragionamento, ma soltanto per sfoghi ed emozioni forti: è un disco di istinto, non di scelte.
A livello organizzativo e strutturale, però, sono state prese due scelte molto forti, coraggiose e convincenti, e vanno assolutamente sottolineate:
- La scelta di realizzare un album interamente conscious, con sonorità e vibes ben precise, lontane da ciò che è di tendenza in Italia (neanche un brano Drill nel progetto), va assolutamente riconosciuta. Dolce Vita è un progetto coraggiosissimo, che non accoglie nemmeno un banger o una street-hit nella sua tracklist, (persino in Mastercard e Megatron si rintracciano spunti di scrittura intriganti). È una scelta: i protagonisti di Dolce Vita sono la parola e il contenuto.
- La scelta di inserire all’interno del progetto un solo featuring – e non poteva che essere uno dei nuovi rapper più forti del mondo come Lil Baby – è un’altra dimostrazione di idee chiare e spregiudicatezza. Shiva avrebbe potuto avere nel disco chi voleva, da Sfera Ebbasta a Luchè fino a Capo Plaza, Lazza, Salmo e Guè Pequeno, ma ha scelto di essere l’unica voce di Dolce Vita. Era arrivato il momento di dimostrare la sua forza e la sua maturità, non di appoggiarsi su colleghi più esperti.
Qualche opinionista ha criticato l’album in modo molto pesante – e probabilmente prematuro, perché Dolce Vita è un album da metabolizzare e interiorizzare – focalizzandosi proprio sulla mancanza di una hit all’interno del progetto e sulla monotonia provocata dall’assenza di featuring. Viene da chiedersi se questi critici abbiano effettivamente presente il percorso di Shiva o si siano già dimenticati di come nel 2020 quest’ultimo venisse attaccato per la pochezza dei suoi contenuti e venisse etichettato come featuring-dipendente. Dopo un 2020 di critiche e di difficoltà, infatti, la scelta di realizzare un album come Dolce Vita, ricchissimo di contenuti e privo di collaborazioni racconta l’urlo di coraggio di un ventunenne innamorato del rap, la sua presa di posizione e la sua assunzione di responsabilità.
Anche la scelta del primo singolo con cui presentarsi dopo quasi un anno di assenza dalla musica non è casuale e va premiata. Si tratta di La Mia Storia, un singolo illuminante, in cui Shiva (o per meglio dire, Andrea) ripercorre la sua vita attraverso una narrazione poetica, attenta al dettaglio e volta a far conoscere, finalmente, il suo lato più sincero e personale: le sue origini.
La storia di Shiva è una storia di cattivi esempi:
I grandi erano in galera
Gli unici esempi che vedi
In cerca di denaro come le modelle
A volte loro in cerca d’oro nelle bottiglie
Cosa penso io che a casa ho due sorelle
di difficoltà economica:
Mi ricordo chе vivevo sottoterra al 22
Una casa, almeno uno col bagno in comunе
In periferia di sera si vedono le stelle
Non di belle se verrai schiacciato come pedivelle
Ma’ era fuori, la vicina mi faceva la pasta
Dormivo con mio frate’ Luca sopra un letto a una piazza
di grinta e forza di volontà:
Ora son più alto, non so dove sei, ho ancora sete
Esco da Milano nel 2016
Vengo dal niente, per questo non do grazie né meriti
ma soprattutto di profonda sofferenza, portata con sé nel tempo perché “per l’anima non bastan bravi medici”:
Forse dovrei cambiare ‘sta città
A lei dovrei dire la verità
Se ripenso a quello che mi manca
Manchi solo tu nella mia stanza
Forse dovrei risentire papà
Non cambierò il mondo con un pezzo rap
Questa villa è vuota e io dentro
È colpa di troppe cose che non sai
La seconda strofa di questa canzone, in particolare, è davvero una perla: fornisce all’ascoltatore tanti spunti per capire veramente Andrea e anche per sintonizzarsi sulla sua lunghezza d’onda, empatizzare con lui, comprendere il motivo di tante scelte passate, giuste o sbagliate che fossero. È molto coraggiosa la sincerità con cui il rapper racconta di avere capito “che il più forte comanda” in seguito al doppio-furto di una bicicletta, ma anche con cui dipinge un fatto stressante come la possibilità spaventosa di avere un figlio a soli sedici anni e con cui, infine, ammette l’insicurezza provocatagli dall’assenza di una figura paterna:
Se un padre non ti dice che cosa è sbagliato
Come capisco quando ho più demoni a fianco?
L’umiltà con cui è scritta questa canzone, la sua genuinità, la sua volontà di dare delle risposte non può lasciare indifferenti: Shiva è stato bravissimo e La Mia Storia è un piccolo capolavoro, musicale e lirico. La strumentale, ispirata a From Time di Drake e curata da Adam11 e Yoshimitsu, è splendida e Shiva la surfa con un flow perfetto, fatto di rappato lento e metriche serrate, facendo esplodere il pezzo in un ritornello triste e malinconico, in assoluto uno dei migliori del progetto.
Prima di procedere con l’analisi dello Shiva-scrittore, che va approfondita perché Dolce Vita è un disco di grande spessore lirico-contenutistico, bisogna spendere qualche parole per lo Shiva-rapper, che nell’album propone uno stile assolutamente unico, fondato, come si accennava prima, sul rap e non sul cantato. In una scena in cui Capo Plaza e Sfera Ebbasta (ma spesso anche Lazza e Geolier) fondano le loro strofe trap sulle melodie e la DPG invece sul mumble rap, Shiva invece sceglie per Dolce Vita un approccio molto più simile a quello di Vegas Jones. La regola è cantare solo nei ritornelli, ma ogni tanto accetta eccezioni, come la seconda strofa di I Can Fly, la seconda strofa di Superstar e gran parte di Idee Chiare e Problema.
Qualcuno ha criticato Dolce Vita additandolo come monotono: probabilmente non lo ha ascoltato o non ha familiarità con i dischi trap, ma d’altronde la stessa critica veniva rivolta a progetti come Re Mida e La Bella Musica. Non si tratta di dischi monotoni, ma di dischi con un’identità. Tuttavia, Dolce Vita non è assolutamente un disco perfetto dal punto di vista musicale, ma anzi presenta più di una criticità.
Se di Routine EP, uscito a gennaio 2020, si è spesso detto che si trattava di un progetto musicalmente entusiasmante e liricamente insufficiente, Dolce Vita è un progetto liricamente strepitoso e musicalmente da promuovere, ma con più di una riserva. Peccato davvero, perché con qualche accorgimento e un po’ più di attenzione sarebbe stato senza difficoltà uno dei dischi migliori dell’anno.
Dolce Vita è un progetto di qualità sonora non esaltante, mixato in modo raffazzonato e grezzo e soprattutto che presenta clamorose imperfezioni tecniche. L’esempio è Superstar, un pezzo che aveva il potenziale per essere una grandiosa hit conscious e invece trova i suoi limiti negli errori di Shiva al microfono. Il beat è eccezionale (come tutti gli altri, davvero di alta qualità), il testo è ben scritto e pieno di significato, la prima strofa è convincente e il ritornello ha una potenza magica: la sua melodia è quella delle grandi hit esplosive ma riflessive.
Ascoltate però nella seconda strofa il cambio di passo al secondo 2:12: le melodie dei versi sono irregolari, la prima è corta, la seconda è lunga e profonda e la terza è palesemente tagliata, in modo brusco e cacofonico. Com’è possibile che un artista di prima fascia abbia difficoltà a cantare delle melodie, fra l’altro piuttosto semplici? È veramente difficile da spiegare e da accettare. Nella quartina si nota addirittura un verso fuori metrica.
Già in Auto Blu si era criticato il rapporto fra Shiva e l’autotune… Beh, brani come Idee Chiare confermano la sensazione che si era percepita in passato. Testo strepitoso (ne parleremo fra poco), emozionante, toccante, ma flow fin troppo cantilenante, specialmente nel ritornello, che evidenzia in modo molto chiaro i limiti di canto del rapper di Milano Ovest. Anche il ritornello di Problema, brano romantico probabilmente fra i più sentiti del progetto, trova i suoi limiti, abbastanza fastidiosi, nell’uso assolutamente fine a se stesso di un autotune troppo intenso. Dunque, forse, per crescere musicalmente, Shiva dovrebbe cercare dei miglioramenti tecnici nel canto e delle quadrature nuove nell’utilizzo dell’autotune.
D’altra parte, comunque, in Dolce Vita sono molte più le tracce ben cantate e ben rappate di quelle che presentano delle criticità: la title track è un’intro forte, diretta e convincente, Mastercard ha un ritornello straordinario, futuristico e innovativo, I Can Fly esprime con il suo sound la libertà di cui si fa inno e Collane e bugie, Megatron, Montacarlo e Hi-tech freestyle hanno splendidi ritornelli e strofa rappate con il coltello tra i denti. Anche l’outro del disco, Il diavolo chiama, funziona e si fonda su un emozionante ritornello melodico e vale la pena spendere due parole anche per l’instant bonus track, Fendi Belt.
La scelta di pubblicare una bonus track come Fendi Belt, fra l’altro inserita fra Supestar e Megatron in tracklist e quindi nella parte centrale del progetto, risulta piuttosto incomprensibile. Fendi Belt è il banger che non serviva a Dolce Vita, in cui Shiva mette a segno una strofa di medio valore (se ne trovano almeno dieci migliori nel CD) e in cui Paky si dimostra per il terzo featuring consecutivo non all’altezza del collega di Milano Ovest. Non bisogna farsi ingannare dai numeri, effettivamente molto incoraggianti, del debutto del brano: le opinioni degli altri opinionisti vanno sempre rispettate e tenute in considerazione, ma non è assolutamente vero che Paky “tira fuori” il meglio di Shiva. Francamente, visto il divario abissale fra Shiva e Paky a livello tecnico, di maturità artistica e di musicalità, risulta davvero difficile sperare in un loro joint album, ma questi sono comunque discorsi che lasciano il tempo che trovano: d’altronde Fendi Belt, in fondo, non è altro che una bonus track.
Tornando invece alla scrittura di Shiva, l’aspetto di gran lunga più vivace, interessante e convincente di Dolce Vita, bisogna citare qualche altro esempio per comprendere davvero la brillantezza di questo progetto, come l’intro del CD, la bellissima title track.
Le barre con cui un rapper apre un progetto sono spesso tra le più significative in assoluto e Shiva apre Dolce Vita con una dichiarazione d’intenti:
Sono Shiva, ‘sto volto non è finto
Sto cercando di scrivere il mio inizio
Sembrano rime facili, ma bisogna andare oltre l’apparenza: Shiva entra in scena affermando il suo proposito di raccontare soltanto il vero, di essere – vale la pena ribadirlo ancora – sincero, mentre con il secondo verso spiega quanto questo progetto conti per lui. Dolce Vita è “il mio inizio”, è un nuovo punto di partenza, quasi come se si trattasse del primo album ufficiale.
Poi continua, urlando all’ascoltatore quanto abbia già conseguito l’obiettivo del benessere economico: questo è un progetto fatto per l’arte, per legittimarsi, curato in modo che nessuno possa dire che Shiva non sia un artista con la A maiuscola:
Stavo a digiuno, ora sono già ricco
Cerco solo di diventare legittimo
La traduzione? “Questo non è un disco fatto per arricchirmi, diventare più famoso o fare hype. Questo è un disco di bella musica.”
Dolce Vita non è un brano particolarmente brillante tecnicamente (a differenza di Montecarlo, per esempio, in cui la metrica e l’incastro giocano un ruolo fondamentale): è più un pezzo che gioca sulla barra emozionale, che colpisca l’ascoltatore per il concetto che esprime, e anche su punchlines come:
Quando lo facevo senza avere un nome
Non per fama né per attenzione
Perché fame scorre nel mio sangue
Bene, ho un’ottima circolazione
I versi più emozionanti, nello specifico, sono riferiti alla famiglia, tema assolutamente centrale nel corso dello svolgimento di Dolce Vita, fra fratelli stretti intorno a Shiva e un padre decisamente assente. Prima di impattare sul kick il momento più toccante:
Per registrare la mia prima merda
Avevo chiesto i soldi a mia sorella
Ora le regalo una Hermès
Mille per farla sentire bella
Si può dire di tutto su barre come questa: che si tratta di un cliché e che sembra di ascoltare Sfera Ebbasta nel 2016, ma la verità è che si tratta della storia di Shiva e il fatto che sia riuscito a rendere la sua famiglia orgogliosa e a rendersi economicamente indipendente è splendido. Stiamo parlando di un ventunenne. Non dimentichiamocelo.
Dolce Vita, dunque, è un’intro perfetta per introdurre l’ascoltatore al suo mondo, alla sua storia, al mondo del suo nuovo disco. All’interno di quest’ultimo si distinguono, semplificando un po’, due categorie di brani (in entrambe la scrittura è assolutamente centrale):
- quelli dello Shiva costruttivo, fantasiosi, creativi e ricchi di storytelling, a volte rilassati e altre volte tendenti alla drammatizzazione,
- quelli dello Shiva distruttivo, feroci e coriacei, dal sound cupo e dalla penna arrogante, in cui il rapper risponde alle critiche piovutegli addosso negli ultimi mesi e ostenta traguardi e successi.
Alla prima categoria appartiene ovviamente La Mia Storia, ma anche I Can Fly, Idee Chiare, Superstar e l’outro Il diavolo chiama, mentre fanno parte della seconda Mastercard e i pezzi conclusivi del CD, Hi-tech freestyle, Megatron e Montecarlo. Restano fuori dalla divisione Collane e bugie, una sorta di ponte fra le due categorie, e Problema, il brano romantico dell’album, assolutamente unico nello svolgimento di Dolce Vita.
Soffermandosi sullo Shiva-costruttivo, I Can Fly è senza dubbio uno dei pezzi più maturi del disco, in cui i tempi di scrittura sono gestiti in maniera impeccabile: il ritornello, infatti, è leggero e rilassante, ma le strofe sono cariche di contenuto e di barre significative. Nella prima strofa il rapper canta, con una punta di ironia:
Uem, uem, Lamborghini
Ma la mia storia è molto più complessa
sintetizzando in maniera estremamente efficace l’ostentazione e il bisogno di esporre il proprio lusso: non bisogna guardare il macchinone, ma ciò che rappresenta. Si tratta di una bella rima, semplice ma efficace. C’è spazio, fra le rime di Shiva, anche per quel cinismo, crudo e brutale, maturato dalla convivenza con regole e meccanismi del mercato musicale a cui è chiaramente insofferente:
Yah, una bugia è la cosa più vera che io possa darti
Che per volare non servono i soldi, nemmeno gli agganci
Perché c’è un mare pieno di squali affamati che ti vogliono
Mentre i cattivi si assomigliano
e per un’inevitabile descrizione della vita di strada, che fa da sfondo all’intero svolgimento di Dolce Vita:
Quelle strade hanno il cuore nero, fra’, più nero del petrolio
Ne esci freddo come un PC Mac o Windows
Dalla forza delle barre e dal tone of voice, risulta evidente come sia uno Shiva deciso e ostinato, determinato nella sua missione “di diventare legittimo” e di avere i giusti riconoscimenti. È vero che, come si diceva prima, Dolce Vita è un CD di istinto, non di scelte, ma è anche un disco di Idee Chiare, proprio come da titolo della sua quarta traccia.
Idee Chiare è un pezzo che ferma il tempo, tampona per i suoi quasi tre minuti le ferite di Shiva e gli permette di riflettere sul suo passato, sul suo presente e sul suo futuro. Il passato, infatti, “come vernice, sì, ti resta attaccato” e porta l’artista a ricordare i momenti più difficili della sua vita:
E ci credo, avevo solo riso bianco nel piatto
e addirittura ad attribuire al suo dolore gran parte del suo successo, perché la fame lo ha spinto dove oggi può godersi la fama:
Il dolore premia, guarda che carriera ho fatto
Nonostante i traguardi raggiunti a soli ventun anni, anche il presente di Shiva è caratterizzato dalla rabbia, che in gran parte deriva dalla consapevolezza che il suo destino poteva essere un altro, più triste e più difficile:
È nelle notti più scure che ho le idee molto più chiare
Non sono pronto a morire, ma mi dovrei preparare
Vengo da dove quelli come me riempiono le bare
Quando perdi qualcuno capisci che è importante
A questo proposito, bisogna sottolineare l’unico vero problema di scrittura di questo progetto: i riferimenti alle armi, alle pistole, al sangue e alle bare sono effettivamente un po’ stucchevoli. Non si vuole, infatti, mettere in discussione la sincerità di Shiva nel raccontare un certo tipo di vissuto e tantomeno la sua street credibilty, ma è piuttosto evidente che versi come quelli appena citati siano palesemente esagerati.
Va detto anche che da questo punto di vista il rapper è sensibilmente migliorato, specialmente se si pensa ai suoi testi dell’anno scorso, trattando in maniera più matura le tematiche dello street rap. Tuttavia, ciò in cui Shiva è davvero cresciuto è la capacità di difendersi dalle critiche, di rispondere al fuoco, di dimostrare di non essere più un bersaglio facile. Negli ultimi due anni, su Shiva le critiche non sono soltanto piovute, ma sono grandinate. A volte si è trattato di critiche giuste e argomentate e altre volte purtroppo di attacchi chiaramente faziosi, ma non era comunque scontato che un ragazzo così giovane sopportasse tale pressione senza crollare psicologicamente in modo drastico.
Una crisi effettivamente c’è stata e lo ha ammesso lo stesso rapper in Collane e bugie, ma “è passata, non li ho ascoltati”. In realtà li ha ascoltati eccome: proprio per questo è in grado di rispondere punto per punto in Megatron, Montecarlo e Hi-tech freestyle. È come se, nel preparare Dolce Vita, Shiva si sia forgiato un’armatura e uno scudo anti-critiche, con cui può finalmente rispondere a tono a chi ha provato ad affossarlo.
Il primo esempio è Megatron, un inno al vile denaro e alla vita da trapstar, in cui Shiva risponde a chi lo ha accusato, negli ultimi anni, di essersi venduto.
Mezzo uomo, mezzo macchina da cash, Megatron
La gente parla di me mentre io non torno broke
La scelta è quella di incassare la critica, ma anche i proventi della money rain, le automobili, la Goyard e le collane: Megatron è il racconto della disillusione, del mondo in cui i propri idoli “son death oppure si sono smascherati” (sarebbe molto interessante se Shiva spiegasse questo verso in particolare in un’intervista) e soprattutto nell’ammissione delle proprie responsabilità:
Ventimila sul mio polso destro
L’ho fatto per soddisfare l’ego
Quest’ultimo verso, proseguendo con il ragionamento, è anch’esso una risposta a chi ha scritto “venduto”: è come se Shiva stesse ammettendo quanto alcune sue scelte di percorso siano state dettate dalla volontà, egoista ma assolutamente hip-hop, di voler stare in cima, di conquistare il mondo. Anche la stessa città di Milano è nelle mire dell’artista, che risponde così a chi giudicava negativamente la sua iper-produttività dell’anno scorso (io stesso, per esempio, avevo avanzato questa critica con molta decisione):
Voglio avere la città per me
Non è un caso che sono il più attivo
per poi concludere dedicando la traccia ai fan, scelta che poche volte si è vista ultimamente nella scena e proprio per questo risulta particolarmente apprezzabile:
I miei fan mi dimostrano amore
In Hi-tech freestyle, Shiva rincara la dose, stavolta aggiungendo con meno foga e cercando l’empatia del pubblico:
Ehi, non siamo per niente la stessa persona io e te
Io avevo appena colpito un bersaglio da tre
Collane addosso, i demoni addosso nella sala rec
Tapparelle scendono da sole in una casa hi-tech
Non sai come ci si sente, qua chi non ha niente
La forza di questo ritornello è nel colpire l’ascoltatore creando una netta distanza fra lui e Shiva. Hi-tech è sinonimo di ricchezza, quella che certamente l’artista non ha visto durante la sua infanzia e adolescenza. L’intenzione è chiara, Shiva sta chiedendo all’ascoltatore di mettersi nei suoi panni, di provare a capirlo prima di criticarlo perché “non è fama, è laser di un mirino“.
Infatti, a chi cercava una spiegazione al disastro-Auto Blu e agli errori di Routine EP è arrivata una risposta molto diretta: “il potenziale non si è mai estinto, si era solo separato al bivio”. Non è facile capire cosa fare quando la tua vita è ambientata nel seguente contesto:
C’è una bomba dentro il mio quartiеre
Dicono ci sarà una guerra là fuori
Una pistola è nascosta bene
A breve una folla di poliziotti
La moneta sceglie, testa o il cuore
Una sceglie se sei re o schiavo
Un pusher conta e porta la sua croce
Una modella è in cerca di denaro
ma è molto facile, invece, giudicare un ragazzo che sta cercando di districarsi fra opportunità e tentazioni. Shiva lo ammette qui: “Sognavo la pace, oro ai denti, non le pare” e anche in Montecarlo: “Sempre sognato di vestir firmato, rodare il cerchione di nome forgiato”; per lui la ricchezza è chiaramente un sogno, non soltanto un obiettivo, e lo ha realizzato con le sue forze!
Soprattutto, poi, è difficile non emozionarsi al secondo 1:07 di Hi-tech freestyle, nell’ascoltare la disperazione nella voce di Shiva quando in un solo verso sceglie di raccontare l’assenza di un padre e la povertà di una famiglia. In Dolce Vita, in fondo, ha dimostrato una crescita enorme dal punto di vista lirico-emozionale e questo gli va riconosciuto: ha scritto un album splendido.
L’ultima analisi specifica di questa recensione, infine, non può che riguardare Problema, un’altra brillante perla di scrittura, nella quale i riflettori sono puntati su una delle grandi ombre di questo progetto: la ex ragazza di Shiva.
Dolce Vita, infatti, è un disco che ha un grande protagonista (d’altronde si sarebbe potuto chiamare anche La Mia Storia), ma tre co-protagonisti, una luce e due ombre: la madre del rapper, la sua ex ragazza e suo padre. La madre è una luce, è una presenza costante, agisce da coscienza: è quella con cui scusarsi per i propri errori, mentre la ex ragazza e il padre sono due assenze estremamente sentite, al punto che quest’ultimo entra in scena nell’intro ed esce nell’outro, accompagnando Shiva (con la loro assenza e le loro ombre) nel corso dello svolgimento dell’intero album.
Ecco il padre nell’intro Dolce Vita:
Mesi su mesi per il risultato
Mi ricordo che papà non c’è stato
Questi parlano e non fanno mai un cazzo
L’odio contagioso non mi ha contagiato
ed eccoli nell’outro Il diavolo chiama:
Mi manca papà, ritorno back
A quando lui già non stava con noi
La scuola non va, lama nel backpack
Sono tempi bui, ma passati veloci
In realtà ci sarebbe una quarta figura da approfondire, quella divina, perché i riferimenti alla religione, a volte simbolici e a volte espliciti, in Dolce Vita sono moltissimi e sono interessantissimi, anche perché, di fatto, è la prima volta che un rapper si rivolge così tante volte a Dio in un album. Anche in questo caso, sarebbe molto intrigante un’intervista chiarificatrice del rapporto fra Shiva e la religione, per capire quanto siano effettivamente sentiti i numerosi riferimenti a Dio.
Tornando a Problema, i discorsi che si possono fare sono estremamente simili a quelli che si sono fatti a proposito di Non fare così di Capo Plaza: sono entrambe canzoni di amore perduto, scritte in maniera eccellente, con la differenza che, per Shiva, la speranza di tornare insieme è ancora viva e forte:
Cupido penso miri bene
Che ci dia una chance per tornare insieme
La ex ragazza viene dipinta da Shiva con delicatezza e a tratti viene quasi idealizzata: è vero che la traccia è intitolata ai problemi della loro relazione, ma lei è quella capace di colmare i suoi vuoti, “bella pure senza trucco ed orecchini nuovi”, che si preoccupa sempre un po’ troppo e che soprattutto si merita questi splendid versi romantici:
Tu che ti accolli i problemi del mondo
Quando questo mondo non si accolla i tuoi
Con il ritornello, invece, emergono i problemi, lo stress, l’ansia, i nervosismi e le domande che hanno impedito alla relazione di durare nel tempo:
Perché ne devi fare un problema?
Con ogni probabilità, si tratta Problema del pezzo più sentito dell’album e certamente di uno dei più riusciti: emozionante, toccante, vivido e unico. Soprattutto – è questo l’aggettivo migliore per descrivere i brani di Dolce Vita – è l’ennesima canzone sincera, scritta con il sangue e non con l’inchiostro.
Dunque, in conclusione, da quanto si è scritto risulta evidente come Dolce Vita sia un disco brillante, quello giusto per aiutare Shiva a “diventare legittimo”. È un progetto curato con impegno, grinta e passione (i tre ingredienti che a Routine erano mancati), unico per il panorama italiano e piuttosto convincente sotto tutti i punti di vista.
Dal punto di vista musicale, infatti i suoi beat sono di qualità, come anche i flow, i ritornelli e le scelte metriche del rapper che, salvo qualche pecca difficile da ignorare, vanno anch’essi promossi. Purtroppo, i difetti appena citati sporcano un progetto che – lo si affermava anche in precedenza – con qualche accorgimento e un po’ più di attenzione sarebbe stato uno dei dischi migliori dell’anno.
L’aspetto più convincente di Dolce Vita, poi, è senza dubbio quello lirico: tutte le tracce, da Dolce Vita a Il diavolo chiama, passando per Problema, Hi-tech freestyle e La Mia Storia, sono emozionanti, dense di contenuto e a modo loro indimenticabili.
Shiva va promosso con un bel voto: le sue scelte coraggiose e difficili non lo avranno portato al primo posto della classifica FIMI – è vero – ma, come afferma in Idee Chiare:
Perché per me è necessario dovermi giocare tutto quando si alza la posta
Ha dimostrato di tenere fede alla sua parola e di essere Artista con la A maiuscola. Lo ha fatto con un bel disco di belle tracce e lo ha fatto narrando la sua storia. Lo ha fatto raccontando la sua Dolce Vita.
2 pensieri riguardo “Dolce Vita – La recensione del disco della rivincita di Shiva”