Da Rs3 a Le Jeune Simba, passando per Giacomo con Guè – L’intervista a Young Rame

Abbiamo chiamato Young Rame, per parlare del suo nuovo singolo, “Rs3”, e più in generale del suo percorso negli ultimi mesi.

Intervista a cura di Sergio Mattarella:

Sergio: Ciao Mattia! Prima di quest’intervista ci tengo a farti una premessa: ho scoperto la tua musica – penso come gran parte del tuo pubblico – con Suburra, ma ho iniziato ad appassionarmi al tuo stile dopo aver sentito 1/2 Kilo con Santana M.O.E, un pezzo in cui mi avevano colpito molto i tuoi incastri metrici. È un piacere, quindi, scambiare due chiacchiere con te e da quest’intervista vorrei capire soprattutto a che punto è il tuo percorso nel rap italiano. Parto dal tuo ultimo singolo, Rs3, un pezzo molto particolare: cosa ti ha spinto a una pubblicazione del genere?

Young Rame: Ciao Sergio! Ti dirò, io ho collaborato con grandi rapper italiani e sono arrivato alla conclusione che in un featuring non sia importante il nome, ma il rispetto vero. Penso che trovarsi sul beat con artisti come Marra e Guè garantisca di per sé un risultato incredibile, perché loro sono incredibili. È anche vero che oggi non devo dimostrare niente a nessuno e quindi magari riesco, spulciando i video di YouTube e scavando fra le tracce di Spotify, a scoprire un rapper meno conosciuto che spacca comunque. Sono orgoglioso di poter dire che mi sento libero di fare quello che voglio: non ho bisogno per forza di chiamare l’artista famoso o quello del momento, ma scelgo di collaborare semplicemente con chi mi piace.

Sergio: Anche a livello di sound si tratta un brano unico per la tua discografia…

Young Rame: A me piace molto spaziare: posso passare dal pezzo in cui parlo d’amore a quello in cui parlo di strada, fino al banger da club. Mi piace la musica in generale, non voglio catalogarmi. Se mi metti un beat blues e a me gira, io scrivo un pezzo blues. Se mi metti un beat minimal e lo trovo figo, ci rappo senza problemi!

Sergio: Per questo Rs3 è così diversa dai tuoi ultimi pezzi?

Young Rame: Sì, perché mi sento libero, non devo fare necessariamente il pezzo trap o rappare sul boom bap. Faccio esclusivamente quello che piace a me.

Sergio: Mi racconti come è nato il featuring con Medy?

Young Rame: Allora, considera che io, quando parto, riesco sempre a trovare nuova ispirazione, perché allontanarmi dalla città e dagli sbattimenti mi porta a “chiudermi nel mio mondo” e a scrivere meglio. Quest’estate sono partito e ho iniziato a buttare giù qualcosa, fra cui questo pezzo (che sarebbe diventato Rs3 ndr) che per assurdo pensavo anche di scartare. Tanti dei miei pezzi nascono dalla scrittura su type beat e poi vengono riadattati dai producer con cui collaboro…

Sergio: Sei anche uno che digita su YouTube: “Young Rame type beat”?

Young Rame: No, mi lascio trasportare dal momento. Se ho voglia di fare il pezzo banger cerco una strumentale alla Lacrim

Sergio: Alla Tyga!

Young Rame: Esatto alla Tyga! Comunque il testo del pezzo con Medy mi piaceva, ma non ero del tutto convinto. Una volta in studio, però, quando ho sentito come suonava l’autotune e come scorrevano le melodie, l’ho apprezzato molto di più. È un brano che richiama tanto le sonorità alla Booba, alla Maes

Sergio: Quel tipo di sound street ma comunque con le melodie…

Young Rame: Secondo me è una delle innovazioni più fighe del rap francese. Qui quando si parla di strada si deve essere per forza incazzati neri, i pezzi sono aggressivi e i rapper urlano. In Francia, invece, riescono a parlare di spaccio e di rapine anche su beat tranquilli.

Sergio: Penso ai PNL, per esempio.

Young Rame: Esattamente. Loro sono sempre tranquilli, nei loro pezzi non c’è mai quell’incazzatura che ci si potrebbe aspettare viste le tematiche. Io sono il primo che in alcuni pezzi, per parlare di strada, ho scelto un’impronta vocale che risultasse incazzata nera. Oggi voglio fare questo level-up: riuscire a parlare di determinati contesti e determinate situazioni con un tono diverso, attraverso le melodie e costruendo un sound più orecchiabile. È questo il mio focus adesso. Tengo molto ai miei testi crudi e voglio che rimangano così, ma credo anche nell’importanza della melodia. Tornando a Rs3, stavo cazzeggiando su YouTube, come spesso faccio per scoprire nuovi artisti talentuosi, ho ascoltato una canzone di Medy e ho pensato: “Questo qua è davvero bravo, puoi leggergli negli occhi la sua storia!”

Sergio: Hai avuto la stessa sensazione quando vi siete conosciuti?

Young Rame: Sì e ti dico di più. Spesso, quando due rapper collaborano, si viene a creare un rapporto usa-e-getta, cioè in cui vi sentite, chiudete la canzone e poi ci si ricontatta magari dopo due-tre mesi. Con Medy invece abbiamo un rapporto vero! Una volta ogni due giorni ci scriviamo e quando sale a Milano da Bologna ci incontriamo sempre. È questo il tipo di feat. che mi piace, imparagonabile a qualsiasi collaborazione chiusa a tavolino per racimolare degli streaming. Anzi, credo che Rs3 stia andando così bene proprio perché le persone hanno capito e apprezzato la naturalezza con cui è nata, ovvero un “Ti rispetto, mi piace la tua musica!”, “Cazzo, pure a me!”, “Facciamo una roba insieme, ho ‘sto provino, ti piace?”, “Sì.”

Sergio: Mi sembra anche che questa collaborazione rifletta il tuo approccio alla musica in generale, no?

Young Rame: Direi di sì, è stato un far valere la musica piuttosto che ragionare su follower e hype. Per me quella roba là è spazzatura. Non ho praticamente mai fatto cose di questi tipo. Ho sempre collaborato con artisti che rispetto davvero: i rapper famosi con cui ho duettato non li ho chiamati perché mi avrebbero portato ascolti, ma perché da quando sono bambino ascoltavo la loro musica e sognavo di farci una canzone insieme.

Sergio: A proposito di featuring importanti: nel 2020 tu hai collaborato con Guè Pequeno per la seconda volta nella tua carriera, in Giacomo, una della canzoni più belle fra quelle uscite l’anno scorso. Mr. Fini è un disco incredibile e, secondo me, il pezzo che avete fatto insieme è una delle sue vere perle: per la modalità di approccio al beat, per le melodie così efficaci, ma soprattutto per la scrittura, nel tuo caso davvero sorprendente. Ti chiedo: quello di Giacomo è il miglior Young Rame che il rap italiano abbia mai ascoltato?

Young Rame: Sì e ti dirò ancora di più. Quando sei sul beat con Guè Pequeno entri talmente tanto in un mood per cui devi tenere il livello alto che il tuo cervello inizia a ragionare più velocemente e a capire cose che da solo capirebbe in molto più tempo. Pensi: “Ok questa è un’occasione d’oro che non posso non sfruttare al massimo” e automaticamente il tuo cervello aumenta i giri… Funziona un po’ come l’autodifesa: dovevo per forza fare una hit, era una questione di vita o di morte! Sei nel disco del tuo idolo, in uno degli album migliori dell’anno… O cogli l’occasione o torni a lavorare in pizzeria, no? Non potevo fare cilecca. Dovevo dimostrare di avere le palle, di essermi meritato quel posto in quel disco.

Sergio: Ho sempre avuto questa curiosità: come è nata l’idea di mettere in atto uno storytelling del genere e come vi siete distribuiti le parti di narrazione?

Young Rame: Un giorno, mentre giravo qua in zona, mi squilla il telefono, rispondo ed era Cosimo, che mi fa “guarda Mattia, mi è capitata fra le mani questa strumentale di AriBeatz…” e per me a livello europeo è uno dei producer più forti in assoluto. Guè mi ha proposto il beat perché credeva che fosse molto adatto alle mie sonorità e aveva già il “Giacomo, Giacomo” del ritornello, che ho trovato da subito fighissimo, proprio come il beat. Il concept del pezzo, cioè la volontà di raccontare la storia di questo ragazzo di strada che inizia una vita da criminale, era già presente e io l’ho sviluppato con le mie idee e il mio stile. Devo dire che per scrivere Giacomo mi è servito davvero poco tempo, perché ero talmente entusiasta del pezzo e della sua storia che mi sembrava quasi di scrivere un romanzo. Allo stesso tempo, però, nel pezzo non c’è nulla di romanzato: ovviamente Giacomo non esiste nella realtà, però la sua storia, dall’inizio alla fine, racconta il vissuto di tante persone che ho conosciuto. Giacomo è una canzone in cui non c’è niente di inventato.

Sergio: Io ci tengo a farti i complimenti più sinceri per Giacomo, un piccolo capolavoro che ho ascoltato a ripetizione in questi ultimi mesi. L’anno scorso, però, è uscito anche il tuo disco d’esordio, Le Jeune Simba, e forse qualcuno si aspettava che potesse farti fare un salto di qualità più significativo. C’è qualcosa che cambieresti di quel progetto?

Young Rame: Guarda: io credo sinceramente di avere realizzato un disco di qualità. Lo stesso Guè, che lo ha supervisionato, mi ha detto di considerarlo uno degli album migliori fra quelli usciti in Italia negli ultimi cinque anni. Un musicista come lui può dare un giudizio molto più completo, secondo me, rispetto a chi ascolta la musica e basta, perché conosce le difficoltà dietro la scrittura di un testo. Le critiche vanno sempre ascoltate con attenzione, ma a volte mi sembra di ascoltare quello che beve la birra al bar, guarda la partita e commenta le scelte di Theo Hernandez. Il suo parere ha sicuramente un peso di verso da quello di Gattuso, per esempio, e per me Guè Pequeno è come Gattuso: sa di cosa sta parlando. Se un rapper come lui dice che la mia musica spacca, io non ho motivo di cambiare il mio approccio.

Sergio: Allora capovolgo la domanda che ti ho fatto. Qual è il punto di forza di Le Jeune Simba, a distanza di quasi un anno dalla sua uscita?

Young Rame: Secondo me il punto di forza, che non è stato sfruttato bene, è il fatto che sia un disco molto vario. Ho letto molti commenti, su YouTube, di ascoltatori che scrivevano cose come: “Bravo Rame, ma parli sempre della strada” ed è vero: io parlo spesso della strada, ma lo faccio con tante sfaccettature diverse.

Sergio: Sono completamente d’accordo con te.

Young Rame: Le mie canzoni sono tutte molto diverse, spesso faccio pezzi aggressivi ed espliciti, ma altrettanto spesso mostro altre sfumature della vita di strada. Tutti percorriamo una strada e nel mio disco ho cercato di esprimere tutto me stesso, dal passaggio più allegro a quello sbruffone. Secondo me questo è il suo punto di forza: qualsiasi traccia vai ad ascoltare è diversa dalle altre.

Sergio: Perché dici che questo punto di forza non è stato sfruttato bene? Dici che non è arrivato al pubblico?

Young Rame: Secondo me la mia musica ci metterà un po’ a essere capita e me lo disse anche Guè qualche tempo fa. Le mie canzoni, escluse le prime che ho fatto come Plata o Plomo e Kalashnikov, non sono quel tipo di tracce che colpiscono da subito l’ascoltatore. Potevo continuare a proporre banger street esplosivi, ma non ho mai voluto fossilizzarmi su un solo genere e te ne accorgi immediatamente se pensi al mio percorso. Dopo quei due pezzi ho pubblicato Suburra con Guè, che suonava afro-trap, in seguito sono passato alle sonorità più leggere e intime di Moncler, poi sono tornato sulle vibes street di Mayday con Philip e così via. Vorrei che la gente capisse che da Young Rame non sai mai quello che ti puoi aspettare.

Sergio: Concordo in pieno con te. Sono convinto che, nonostante il tuo stile abbia un’identità molto definita, ti vada dato il merito di esserti sempre messo in gioco in questi primi anni di carriera.

Young Rame: E continuerò a farlo!

Sergio: Ricordo tuoi pezzi pieni di fotta come Barona, ma sei anche in grado di realizzare canzoni più chill, proprio come Rs3. Quest’estate, per fare un altro esempio, la grande hit del tuo disco era Drip, in cui sperimentavi un sound ancora una volta diverso, caratterizzato dai ritmi un po’ ipnotici della trap. Voglio chiudere l’intervista, quindi, con una domanda su questo aspetto della tua musica. Qual è lo stile in cui Young Rame si sente più forte in assoluto?

Young Rame: Young Rame che fa le rime… Young Rame che fa le rime su un beat hip hop! Mi sento sicuro a mettermi in gioco qualunque sia il sotto-genere proprio perché sono cresciuto con la convinzione che se sai fare le rime puoi rappare su qualsiasi strumentale. Molti rapper oggi non sanno fare le rime o comunque fanno rime banali, mentre la mia formazione parte dall’ascolto di artisti tecnici e fortissimi negli incastri!

Sergio: In questo momento a cosa stai lavorando?

Young Rame: Ora come ora mi sto concentrando su diversi singoli. Rs3 è il primo step di un nuovo percorso, che spero mi permetta di crescere tanto. Invece di pensare che ogni mattina devo scrivere una canzone, come se dovessi fare i compiti a casa, io voglio vivere, farmi ispirare e ritrovarmi, fra qualche mese, un vero e proprio disco fra le note del telefono. La mia volontà è che questo momento arrivi spontaneamente, quasi senza che me ne accorga, e lo stesso vale per il filo conduttore dell’album che nascerà. Il mio obiettivo, quindi, non è scrivere un disco, ma scrivere musica: capirò come metterla insieme in un secondo momento e, intanto, mi concentrerò sui singoli per dare costanza al mio percorso.

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