Nel rap italiano c’è sempre stato un “equivoco dei contenuti“, una sorta di luogo comune piuttosto diffuso per cui i rapper “di contenuti” realizzino dei singoli e dei brani qualitativamente superiori a quelli dei colleghi più portati per i banger. Nel suo ultimo mixtape QVC9, Gemitaiz è entrato a gamba tesa in questo dibattito e ha rappato, in Outro in the night:
A me non frega un cazzo che c’hai gli argomenti
Basta che mi parli di come ti senti
affermando in modo netto ed esplicito che un artista vada giudicato non tanto sul contenuto, ma sull’emozione che riesce a far provare all’ascoltatore.
Questa visione, in particolare, permette di godersi in maniera molto più piena i testi e le barre di un artista come Lazza, che su sua stessa ammissione “non dice quasi niente ma lo dice bene“. In realtà, poi, il pubblico più attento al dettaglio, ascoltando i suoi brani a partire dalla repack di Re Mida, la cosiddetta Aurum version, può letteralmente ricostruire la sua personalità, isolando alcuni versi particolarmente artistici ed emotivi.
Per esempio, persino in una hit nazionale come Gigolò, uno dei pezzi dal sound più fresco e innovativo degli ultimi anni, pieno di rime spaccone e di zarrate come “se vuoi il mio numero c’ho il 41 mandami delle Chanel”, riesce a esprimersi con un verso come:
“Ti amo” l’ho detto una volta nella vita, però non a te
Non so chi sei né cosa vuoi
un’apertura, un taglio sulla sua anima. Zzala in questo tipo di rime usa un linguaggio esplosivo, diretto, in cui l’ascoltatore può certamente ritrovarsi, ma che esprime soprattutto la sua personalità, le sue emozioni più pure e sincere. Nei suoi ultimi brani, featuring e singoli, ha raccontato, attraverso pennellate isolate, la sua storia sentimentale dell’ultimo anno e mezzo, fra rotture e rinascite, debolezze e punti di forza, difficoltà e momenti di gioia.
Lazza non ha mai dedicato una canzone – come può essere stata Crudelia di Marracash – al racconto delle sue esperienze romantiche, ma è stato sempre molto discreto e riservato, facendo venire fuori le sue emozioni attraverso i versi dei banger, dei brevi ma intensi tagli sull’anima, che l’ascoltatore più attento può usare per ricostruire i fatti. In questo modo si può davvero scoprire il cuore e l’intimità dell’artista. Neanche a Zzala, in fin dei conti, “frega un cazzo se c’ha gli argomenti, basta che parla di come si sente”.
Da “Okay?!” a “Parola” – Quando i featuring raccontano le sfaccettature più disparate:
Dopo Re Mida Aurum, per l’artista di casa 333 Mob, si è aperta una serie molto nota di featuring, probabilmente scritti in varie fasi della sua vita, sentimentale e non, che lo ha portato a condividere beats con praticamente tutti gli artisti della scena italiana, da Jack The Smoker e Marracash a Tony Effe e Drefgold. Come è noto, Lazza scrive la maggior parte delle sue strofe in un unico processo creativo, in un unico flusso di coscienza, e questo favorisce la spontaneità, la naturalezza e la sincerità dei suoi testi. Dunque, in base al tipo di mood del pezzo – e probabilmente del periodo che attraversava – il rapper è riuscito a mostrare le più disparate sfaccettature del suo carattere.
In alcune tracce, come Okay?!, Sport + muscoli, Machete Mob e Mister, per esempio, viene fuori il suo lato più goliardico, diretto e scurrile, fatto di espressioni come:
‘Sta modella, monella, è già tanto se mi parla
Io vorrei dirle: “Guarda, a qualcuno devi darla“(Okay?!)
in cui scaglia con disprezzo – e immancabile ironia – contro le modelle fin troppo piene di sé; come:
Ho dieci t***e nel DM
Pensa se una mi sgama
Tu sembri il bambino col pigiama a righe
Lei fa due righe anche in pigiama(Mister)
quartina brutale e iper-esplicita; o ancora:
Le piace nella gafi ma non nel c**o
La faccio andare a casa, fra’, come Bugo
Baby, ci credo poco che sei un’oca
Zzoca dentro la bocca, sembra la moka(Machete Mob)
Questi brani raccontano un Lazza senza censura (“come il T9”) e sono stati certamente scritti in un periodo di svago e di divertimento quasi sregolato, ma vanno interpretati anche con una certa lettura in chiave comica. La scrittura qui è ego-trip, sregolatezza, assenza di limiti; spesso anche esagerazione, volontà di creare immagini forti e di giocare con le parole, riuscendo a esprimere concetti volgarissimi con versi geniali e spassosi, come quello sulla “righe e il pigiama” e quello sulla moka.
D’altra parte, poi, non appena le strumentali tendono ad ammorbidirsi e ad abbracciare suoni più delicati, Lazza cambia il DNA della sua scrittura, tenendo ferma l’attitudine da “Re Mida” ma lasciando scorrere le emozioni. È il caso dello splendido ritornello di Parola:
Baby ti dó la mia parola
E ce ne andremo via di qua
Come quando ti aspettavo sotto l’acqua fuori scuola
Con un milione di idee, senza biglietto del tram
Io ti dó la mia parola
Anche se non so più parlare
Baby ti dó la mia parola, ma tu devi saperla usare
che racconta quanto sia importante la fiducia in una relazione, ripercorrendone i suoi passi fino ai tempi della scuola, come per attribuire un “valore storico”, e sentenziare rimarcando la necessità di un compromesso. “Baby ti dò la mia parola, ma tu devi saperla usare” è un: “Ti sto mettendo in mano la mia fiducia, quanto ho di più prezioso, ma devi farne buon uso, altrimenti sprecherai un dono dal valore inestimabile”.
Nello stesso pezzo, i versi decisivi della sua 12 barre sono probabilmente questi:
Ho del crime nelle tasche dei miei nuovi Amiri
Con l’elastico li lascio in giro tra i miei deliri
Forse i soldi fanno stare una persona da sola
da un lato, per la forza emotiva dell’immagine dei suoi “deliri“, in cui Lazza si descrive come un ragazzo in crisi circondato da banconote che lascia in giro, e, dall’altro, per la conclusione a cui arriva nella sua confusione e nel suo tormento. “Forse i soldi fanno stare una persona da sola” è un dubbio pesante, che rappresenta il contrappeso di tutte le rime sul cash, sulla ricchezza e sul lusso che hanno fatto la fortuna del rapper.
Un altro featuring fondamentale per comprendere Lazza è Party HH, una hit contenuta nell’ultimo mixtape di Tedua, aperta da una strofa brillantissima del milanese. Fra una punchline sulla Fimi e una su Taylor Mega, anche qui c’è spazio per i sentimenti, anzi, per un vero e proprio attacco senza filtri:
Cosa non faresti per il claim, ehi
Baby, puoi fare a meno di dirlo
Gireresti con dei tipi fake, ehi
Mi diresti pure che sei single
che può essere tanto riferita alla “modella monella” di Okay?! quanto alla ragazza di Parola, la cui fiducia, nel caso, sarebbe senz’altro venuta a mancare.
La vera strofa-perla di Zzala, da recuperare per qualsiasi fan dei brani più introspettivi e malinconici, è però in Vado a ballare da sola di Elodie, cucita su un beat realizzato con Low Kidd. L’aspetto più entusiasmante dei suoi versi è che persino in un brano come questo, non destinato al pubblico rap, il rapper mantenga coerenti attitudine e linguaggio, dando vita una ballata sì poetica e ombrosa, ma fatta di immagini come calici d’odio, bisce e sciabolate “al tavolo col diavolo”.
Nel brano c’è tutto; dall’apatica indifferenza dell’attacco:
Vado a ballare da solo, tanto qualcuna la trovo
al sentirsi profondamente diverso dagli altri (forse proprio per la natura d’artista):
Mi trovi a un tavolo che sciabolo col diavolo
E con tutti quelli senza cuore come me
Messi in un angolo che guardano e non parlano
Se sanno che direbbero niente di che
fino alla meravigliosa tripletta:
Ehi, so essere profondo delle volte
Come quel baratro in cui faccio un giro
Da cui risalgo come niente fosse
che spiega quanto questo tipo di scrittura sia naturale e spontanea. Lazza riesce a scrivere questo tipo di canzoni solo quando sprofonda in un baratro buio e inquietante che lo manda in crisi, per poi uscirne da un momento all’altro, con strofe di questo livello e di questo impatto emotivo.
C’è spazio per citazioni storiche – atipiche, per la verità, per la sua discografia – che impreziosiscono il pezzo e spiegano all’ascoltatore lo stato di totale confusione dell’artista e per una quartina in cui mettersi in dubbio e al contempo riconoscere lucidamente quando gli errori non sono i propri:
Non so se mi amo oppure mi odio
A volte penso sia meglio l’oblio
Piuttosto che scusarmi l’ennesima volta ancora per uno sbaglio non mio
Infine, la splendida conclusione, ormai rassegnata:
Vuoi sapere cosa ho in testa? Buio pesto
Ma con i riflettori accessi so che fa lo stesso
Adesso come si reagisce tra ‘ste bisce
Vado a letto così tardi che ormai è presto
I versi di “J Mixtape” – Fra rime al veleno e una serenità ritrovata
J Mixtape arriva a luglio, in un momento di strapotere tecnico di Lazza che dopo avere collaborato, da gennaio, con ben diciotto artisti diversi, ha deciso di pubblicare un progetto quasi esclusivamente composto da banger, pieno ancora una volta di collaborazioni, da Emis Killa a Capo Plaza, passando per Shiva, Gemitaiz, Geolier e Rondodasosa. È il progetto giusto al momento giusto: musicalmente eccezionale e variegato, coerente con l’attitudine di Lazza ed esplosivo al punto giusto.
Per intenderci, J Mixtape “non dice quasi niente ma lo dice bene”, ospita solo due tracce che possono davvero essere considerate “half banger – half conscious“, J, l’intro e title track, e L’erba voglio (Geordie).
J prosegue la striscia di intro vincenti ai progetti di Zzala, da Ouverture a Per Sempre, ed è un brano dinamico e autocelebrativo, che mischia barre-legnate a momenti di introspezione. Non a caso, la strofa si apre con:
Tutti conoscono Zzala ma nessuno Jacopo
e si chiude con una rappresentazione, sagace e vivida, di quanto sia cambiato l’artista in pochi anni, a livello economico ma anche di autostima:
Prima la situa era pessima
Ora mi ammiri, mi ammiri
E a me sembra che dentro ‘sti Amiri c’è un festival
e con una stoccata al veleno a una ragazza non specificata, probabilmente la sua ex-fidanzata:
Anche se per te non sono importante
Ripagherei con la stessa moneta
Però mi spiace, fra, ho solo contante, uoh
Sarà la prima rima di questo tipo in J Mixtape, ma non certo l’ultima: Zzala sparerà e sparerà forte, sputando barre al sapore di rancore e sofferenza. A volte trionferà il primo e i suoi versi saranno volti a irridere e a deridere, come in Mon Amour:
Ho visto il tuo nuovo tipo che è un orrore
Per bagnarti dovrai uscire quando pioveMais oui, mon amour
I tuoi amici, no, non sono cool
Ci sentiamo che ora sono in tour
e altre volte avranno la meglio le emozioni negative e i brutti ricordi. Chiaramente, in quest’ultimo caso, le pennellate di Zzala saranno sì avvelenate, ma con un tocco certamente più introspettivo e sofferto. Si parla di Friend:
Ho visto i miei soldi fare un backflip
Per metterti ai piedi quelle McQueen
e soprattutto nel ritornello e nella strofa dell’Erba Voglio, specialmente nella chiusura:
Ed ero fuori strada
E lei per me era come l’aria, infatti era viziata
Ho sempre scritto di mio pugno, ma ciò nonostante
Mi hai messo altre parole in bocca come fa un ghostwriter, uh, baby, baby
Per tornare al discorso con cui si è aperto l’articolo, L’Erba Voglio (Geordie) è un pezzo non di contenuto, ma con una carica emotiva gigantesca e devastante. “E lei per me era come l’aria, infatti era viziata”, non è soltanto un’immagine fortissima – l’aggettivo giusto sarebbe forse “claustrofobica” – e ricchissima di pathos, ma, ancora una volta, è soprattutto un taglio nell’anima, un verso sofferto e pieno di dolore.
D’altra parte, sia in Mon Amour sia in quest’ultimo brano è presente, ancora sullo sfondo (già in Weekend sarà protagonsita), un’altra figura, un’altra donna che ha permesso a Zzala di ritrovare una nuova serenità, la stessa che, probabilmente: “fa un g, nella vasca con le bollici-ne“. I versi topici di J, in ogni caso, sono senz’altro quelli al veleno, quelli sofferti e dolorosi in cui l’artista ha ripercorso i passi di una relazione che lo ha sicuramente segnato in modo intenso e profondo.
In conclusione, una morale che forse bisogna cogliere da quest’analisi è la seguente: non è detto che Gemitaiz abbia ragione in senso assoluto, i contenuti sono sicuramente importanti nel rap e gli artisti che hanno un’ampia gamma di argomenti hanno un tipo di carisma unico e difficile da imitare. Tuttavia, questa visione porta con sé anche una verità assoluta: se un artista fa emozionare, sta facendo la musica nel modo più giusto possibile. Perché alla fine questi versi di Zzala non dimostrano altro che questo: fare musica, che si tratti di banger da club o di tagli sull’anima, significa sempre e comunque trasmettere emozioni.