
A distanza di un anno da FSK TRAPSHIT, album che innegabilmente ha portato qualcosa di nuovo sul panorama musicale italiano, il collettivo proveniente dal Sudditalia, dal mondo a parte, torna a far discutere e a dividere gli ascoltatori di tutto lo Stivale.
Il nuovo progetto, Padre, Figlio e Spirito, proprio in virtù del successo del suo predecessore, aveva intorno a sé molto hype: gli ascoltatori (ahimè me compreso) erano davvero convinti che questo potesse essere un album rivoluzionario, un progetto che potesse portare novità, freschezza ed esperimenti sulla scena, ma purtroppo, nel complesso, nulla di tutto ciò si è pienamente avverato.
Questo disco avrebbe potuto sancire il dominio del gruppo sulla scena trap italiana, ma, forse per colpa di un Sapo Bully un po’ troppo pieno di sé, forse per colpa di un Chiello non abbastanza pieno di sé, resta un progetto mediocre che si perderà molto probabilmente in poco tempo in quella playlist Spotify che abbiamo lì salvata, ma non ascoltiamo mai.
Dei 15 brani proposti, nessuno ha a che fare con la religione: non ci sono riferimenti biblici, niente atmosfere cupe e tetre, insomma, nulla che possa spiegare la scelta del titolo o della copertina. Dunque probabilmente, più che un vero e proprio concept, ciò che sta alla base del disco è cercare di dimostrare di essere degli outsiders capaci di provocare.
Per l’analisi di questo disco, più che parlare di ogni singola canzone (verrebbe una recensione ridondante, dato che ogni canzone parla più o meno degli stessi temi e con le stesse parole) è conveniente analizzare il Padre (Sapo), il Figlio (Taxi), lo Spirito (Chiello) e soprattutto un’entità superiore, impossibile da immaginare se paragonata agli altri: Greg Willen.
Sapo Bully
Ci ha fatto ridere con i suoi ad-libs esagerati, ci ha fatto ridere con le sue storie su instagram, ci ha fatto ridere quando si è pentito di essersi tatuato un bacio sulla guancia, ci ha fatto ridere con il suo famoso “Mi fai una poste pay, müro?”, ma ogni tanto arriva il momento di smettere di ridere e fare i conti con la realtà. In copertina lo troviamo al centro, nel posto d’onore, riservato al Padre, al front man, al boss del trep (come gli piace definirsi), e dunque da lui ci si aspettava una performance degna di quel posto. Invece no, Sapo, troppo convinto evidentemente delle proprie doti canore e di scrittura, ci regala in questo disco uno spettacolo pietoso, con testi non soltanto privi di profondità (sarebbe il minimo visto il genere e la deriva di esso specialmente nel nostro Paese) ma privi di senso.
“Lean nel lean, lean nel lean
Lean nel lean, bitch (Bitch)
Lean nel lean, lean nel lean
Lеan nel lean, bitch (Lean)
Fanculo la Spritе clean (Fuck)
Ho sporcato 10 litri (Ah)
Troppi cash nei miei jeans (Cash)
Non sono mai stato clean (Brr-pow)”
Sapo potrebbe trovare la sua giustificazione in artisti statunitensi, magari molto famosi che, come lui, scrivono testi ripetitivi e privi di senso, ma questo deve finire. Non siamo ad Atlanta, è bellissimo che in un mondo globalizzato come il nostro le tendenze viaggino velocemente, ma il discorso resta sempre lo stesso, fatto e rifatto, non possiamo (e probabilmente nemmeno vogliamo) portare l’America in Italia, godiamoci il nostro Paese, con le nostre influenze musicali e cerchiamo di trarre il meglio dalle diverse culture, non il peggio.
Chiello
Nell’introduzione cito un Chiello “non abbastanza pieno di sé“, ma cosa intendo? A differenza di Sapo, che in tutti i modi ha cercato di mettersi in mostra e al centro dell’attenzione, Chiello è rimasto, purtroppo, una figura di contorno in questo progetto (è assente addirittura nella prima canzone, quella che dà il titolo al disco). Certo, si è preso i ritornelli che gli spettavano (essendo l’unico a saper cantare tra i 3), ma il suo lavoro è finito lì. Avrebbe potuto (dovuto forse?) pretendere di essere valorizzato di più. Il disco non ha un vero concept dietro, quindi un brano che valorizzasse le sue doti canore e la sua penna (un po’ come acqua salata) non avrebbe stonato tra le 15 tracce.
“Dieci X non mi faranno bene
Nessuno vuole morire da solo
Lei vuole i miei cash, sa che sarò una star
Comprerò una villa a L.A. per la mia gang
FSK, siamo il nuovo punk, California boys
Ho messo il lean nel trap, prima vendevamo crack
Lei vuole i miei cash, sa che sarò una star
Comprerò una villa a L.A. per la mia gang“
Comparando questa strofa con il suo ultimo singolo da solista, Crema di buccia, notiamo una grande involuzione, necessaria per adattarsi al mood delle strofe dei suoi colleghi, ma sicuramente davvero dannosa per Chiello.
Taxi B
Taxi è il vero front man degli FSK, inutile nasconderlo. La sua tecnica così particolare e unica lo rendono particolarmente osannato da una parte degli ascoltatori e odiato dall’altra. Senza addentrarci in questa disputa, possiamo dire che Taxi (Così come Greg Willen) ha preso questo album come un’occasione per dare sfogo a ciò che voleva sperimentare (Cosa che se fosse stata messa in atto anche dagli altri membri, avrebbe portato ad un album meraviglioso), per divertirsi. Tra grida, cambi di tono, e parole ogni tanto farfugliate, Taxi è capace di trasportarci sempre nel suo mondo un po’ psichedelico, dote che ha sempre avuto (consiglio l’ascolto di questo brano che fa capire molto facilmente che cosa intendo)
Nell’album è Asso di Bastoni la canzone più rappresentativa di ciò che ha voluto fare Taxi con quest’album, e che dire, si è divertito molto, ma fa divertire anche noi.
“Chiamate a New York, 600 in B.B. Simon
Faccio tutte cose come l’asso di bastoni
Dal Sud a Milano, ho comprato new pistole
È organizzazione come asso di bastoni
È un po’ di tempo stiamo sotto ai riflettori
Ma fanculo ai riflettori, siamo assi di bastone
Siamo il Sud Italia, e il Sud Italia è mondo a parte
Giriamo intorno al collo come un cappio, a fanculo tutto il resto”
Greg Willen
Che dire di Greg, è il cuore pulsante di questo gruppo. Greg sta a FSK come Sick Luke sta a DPG, sono inscindibili. Le sue produzioni rendono un po’ meno fallimentare questo progetto, e, come Taxi, ha saputo dare il meglio, sperimentando e divertendosi. Troviamo beat crudi, come quello di “Padre Figlio Spirito”, cloud, come “10 X in California” e persino una sorpresa che dimostra che GW non dorme mai: il drop hardstyle in “Due e Zero”. Con queste produzioni si conferma uno dei migliori produttori d’Italia, forse d’Europa, e speriamo di vederlo collaborare con nuovi artisti e di non smettere mai di sperimentare.
Come ci hanno già abituato, il numero dei featuring è ridotto, ma i nomi chiamati in causa sono di qualità: Sfera Ebbasta, Chief Keef e Tadoe.
Sulla base di Greg Willen e Charlie Charles, in “Soldi sulla carta” troviamo un ft. totalmente sbagliato: Sfera ha fatto Sfera, FSK ha provato a fare Sfera, con scarsi risultati. Sentire Taxi tentare di armonizzare con un autotune morbido fa male al cuore, oltre che alle orecchie, e Sfera ci ha regalato una perla di questo calibro:
“Okay, lei che mi slaccia i Balmain (Brr)
Fa foto con la mia chain (Brr)
Lo vuole sempre, facciamo un video
Poi lo guardiamo in Blu-ray (Yah)
Cosa c’è dentro il Moncler (Brr)
Vengo dal bus delle 6
Mangiavo il kebab o il Mc, ehi, ehi”

Differente, fortunatamente, “Ho fatto“, che vede la presenza di Chief Keef e di Tadoe. Il brano è molto americano, a partire dal beat di GW, e presenta un ritornello ripetitivo cantato (urlato in realtà) da Taxi. Sentire Sosa dire “Ho fatto” è stato emozionante, ma l’emozione è stata totalmente abbattuta dalla performance di Sapo:
“Ho fatto tre rapine e non ho detto un cazzo (Brr, pow, pow, pow, pow, pow)
Ho fatto parte di un associazione peso (Mafia, skrrah)
Ho fatto cose che non puoi capire manco (Bleah)
FSK vera mafia Sud Italy (Sud Italia)
Ho fatto, qui ci ascoltano tutti quanti quindi non ho fatto un cazzo (Snitch)
Ho rollato un Backwoods (Back’) con l’intera scena italiana dentro”
Insomma, avrebbero potuto fare di meglio: sarebbe bastato qualche brr pawpawpaw in meno e valorizzare di più il talento di Chiello. Nonostante ciò alcune delle canzoni non sono malissimo, e consiglio l’ascolto di “Padre Figlio Spirito”, “Top Gun” e “Ho fatto”, nella speranza che il prossimo progetto segni una svolta nelle loro carriere e non sia soltanto un altro capitolo in discesa.
Un pensiero riguardo “Padre, Figlio e Spirito, il disco degli “avrebbero potuto” – La recensione del CD degli FSK”