Oni One ci ha raccontato Grizzly, l’album del suo riscatto

Abbiamo chiamato Oni One, per parlare del suo EP “Grizzly”, uscito il 19 giugno 2020 per Virgin Records & Universal Music Italia.

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Intervista a cura di Carlo Maria Ludovici:

Carlo: Ciao Oni, come va? Sei contento di come sta andando l’album? Scommetto che gli haters non spariscono mai, ma non diamo peso a loro: pensiamo ai fan! Come hanno reagito a questo progetto?

Oni One: Bene, grazie! Finalmente dopo questo periodo di quarantena ci stiamo riprendendo. Sono molto contento di come sta andando Grizzly, è il mio primo progetto ufficiale e tutto il team si è impegnato molto per realizzarlo. In passato non sono stato molto haterato, ma ovviamente, crescendo, aumentano i fan ed anche gli haters. I fan hanno risposto davvero bene al progetto, anche più di quanto mi sarei aspettato, e sono davvero contento soprattutto per questo.

Carlo: Giusto ieri ti è arrivata la tanto ambita spunta blu su Instagram, ma come tu hai già detto, non ti serve quella per dimostrare che sei real. Volevo chiederti: come definiresti l’essere real, quanto conta per te la realness e cosa pensi di quella parte della scena che esalta la malavita pur non avendo nulla a che vedere con quel mondo?

Oni One: Per me essere real non significa per forza far parte di strada o malavita. Essere real significa essere in linea con se stessi, con la propria vita. Ad esempio ci sono artisti che vengono da famiglie agiate e nonostante ciò sono real, mantenendo il proprio percorso. Invece non  trovo rispettoso, soprattutto nel rap, in cui essere veri è da sempre fondamentale, pensa a Nas, Biggie 2Pac, chi parla di cose che non ha davvero vissuto. La realness è tutto in un mondo come il nostro, bisogna raccontare la propria vita. Se sei uno studente, un laureato, un appassionato di fantasy e fai rap su queste cose? Va benissmo! Ma se sei una persona che non ha mai vissuto determinate cose, e non le hai nemmeno mai viste, non puoi parlarne, non sei credibile. Purtroppo in Italia non si dà tanto peso a questa cosa, mentre per me è importantissima. Riassumendo in una riga: essere real significa essere fedeli alla propria vita, non raccontare cazzate. Bisogna parlare di cose vissute davvero, che sia malavita, videogiochi o amore.

Carlo: Il tuo nuovo album si chiama grizzly, uno dei tuoi più grandi successi è Baloo, il tuo pendente è un orso… Da cosa nasce questo legame con questo animale e cosa significa per te la figura dell’orso?

Oni One: Per me l’orso significa tanto. Il primo accostamento che si potrebbe fare tra me e l’orso è sicuramente l’aspetto fisico, ma era il mio animale guida anche quando ero più magro e facevo pugilato. L’orso è un animale potente, forte, fedele e coraggioso che protegge i propri cuccioli, ed è un animale che non sta in branco. In gruppo sono forti tutti, io sono stato forte da solo, ecco perché non mi piace l’idea di branco e mi ritrovo tanto nell’orso.

Carlo: 777 ent. è una realtà che sta piano piano conquistando una bella fetta di ascolti e vanta un bel roster di artisti. Qual è il tuo rapporto con l’universo 777, con la DPG e quanto sei libero con l’etichetta nei tuoi progetti?

Oni One: La libertà è assoluta, è la prima cosa. È la libertà offerta che spinge un artista come me, che cerca libertà in tutto, anche come persona, non solamente come artista, a scegliere questa etichetta. La 777 ent. mi sa canalizzare, ma tutte le scelte sono prese da me e dal mio team, dunque ho libertà assoluta e prendo le mie decisioni. La label, che è sicuramente una delle più fresche del momento, mi sa indirizzare verso le giuste strade, visto che il team dell’etichetta ha più esperienza di me. Il rapporto con la Dark Polo Gang è ottimo, loro hanno fatto da padri a tutto l’universo trap/rap new school. Io li ascoltavo essendo di Roma, e loro hanno avuto un percorso molto più difficile rispetto a quello dei trapper che nascono oggi: si sono presi molto hating, ma perseverando, nonostante le difficoltà, sono riusciti ad esplodere a Roma, tutti parlavano come loro, tutti volevano vestirsi come loro, e per questo li ho sempre stimati a livello artistico. A livello personale, li reputo fratelli, Tony è mio fratello, Wayne è stato il mio primo contatto con la Dark, con Pyrex abbiamo fatto un pezzo insieme nel mio disco e penso che al momento sia uno dei rapper italiani più forti.

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Carlo: Hai collaborato con FSK e Dark nell’album. Vanti anche collaborazioni con Gianni Bismark, Ludwig ed altri. Pensi nel futuro ad un featuring con qualche OG della scena?

Oni One: Sicuramente ce ne sono tanti che rispetto. Il feat. per me non deve essere una cosa macchinosa e programmata, deve essere molto spontaneo. Puoi avere 1000 followers come 3 milioni, il feat. con me nasce soprattutto dall’empatia personale, anche perché altrimenti non viene una bella traccia quando due persone collaborano macchinosamente per marketing. Sinceramente i nomi che reputo colonne portanti della scena italiana sono Marracash, Gue e Luché, Marra secondo me ha una delle penne migliori d’Italia, Luché ha saputo dipingere perfettamente la cultura di strada italiana, è un narratore di strada. Sono molto legato ai loro primi progetti, perché comunque crescendo diventano colleghi, amici. Ad esempio ho conosciuto Luca e mi ci sono trovato molto bene. Anche se il mio sogno è Oltreoceano, gli OG italiani con cui mi piacerebbe collaborare in futuro sono proprio loro.

Carlo: Per concludere vorrei chiederti qualcosa di più personale: Quanto e come le tue esperienze hanno cambiato la tua percezione della vita e quanto il tuo passato si riflette sulla tua musica?

Oni One: Tutte le scelte della mia vita si riflettono al 100% sulla mia musica. Io ho iniziato a stare in strada sin da piccolo, il primo arresto l’ho subito a 16 anni. Mi ha fatto male, spesso per ingenuità mi ritrovo a sbagliare nella mia vita, a volte ho sbagliato, a volte no, a volte ho fatto cose buone, a volte cose meno buone per le quali ho pagato. Adesso il mio passato non l’ho cancellato, perché il passato non si cancella e deve restare da monito per il futuro, bisogna imparare dai propri errori. Ti dico che il mio passato ha influito tanto sul mio presente, io la strada ce l’ho dentro, “puoi togliere un ragazzo dalla strada, ma non puoi togliere la strada da dentro un ragazzo”, questa è una frase in cui mi rispecchio tanto. Però ora ho deciso di passare da ragazzo di strada a persona che può raccontare le proprie esperienze, i propri sbagli, per far da monito ad altri ragazzi, per mostrare che ci sono possibilità fuori dalla strada, anche se non è semplice raggiungerle. Il mio disco racconta proprio di questo, è il mio riscatto, per me la vittoria è poter vivere dignitosamente grazie alla musica e non dover più stare per strada. Da ragazzo non mi sarei mai aspettato che potesse succedere, io con il rap ci sono cresciuto, nonostante nella periferia di Roma non andasse tanto. Io mi sento un po’ un cavallo di Troia che porta il rap nella periferia romana, perché la maggior parte dei rapper viene dal centro di Roma, come Trastevere o Monti, a differenza di Milano, in cui il rap è nato proprio in periferia. Milano è una città europea, ha più cultura hip hop, a Roma, specialmente nella periferia, finalmente si sta cominciando ad affacciare questa cultura.

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