È da un po’ che si pensava, in redazione, di sviluppare questa riflessione, a proposito di Vacca ma applicabile senza difficoltà anche al suo “figlioccio artistico” Jamil.
Occorre tornare al 2014, anno dello scintillante, titanico e leggendario dissing con Fabri Fibra (si potrebbe scrivere un libro intero su quello scontro di rime), senza dubbio il più avvincente duello rap della storia del rap italiano.
Dopo il dissing, consapevole di essere, per molti, il rapper che ha sfidato e tenuto testa a Fibra, Vacca (e si puó dire che Jamil ha fatto lo stesso dopo aver dissato Noyz Narcos) ha puntato su una strada che facesse dell’odio un punto di forza, puntando su un tipo di musica incensurata, schietta e dal suono prettamente street.
Vacca è “anti”: è “anti-scena”, “anti-fake” e spesso “anti-major” e, fin qui, si è imposto fieramente con il ruolo di “villain del rap italiano”. La domanda è:
“Nel 2020, Vacca è ancora il cattivo?”
Forse no.
Vacca ha saputo trasformare (come, appunto, Jamil) i fischi in applausi e l’odio in rispetto, disco dopo disco, sfornando musica di un certo livello, dimostrando di essere sincero e spingendo talenti più giovani (nel suo EP di quest’estate era presente Nico Kyni, in Don Vacca Corleone l’artista ospitava Cromo e L’Elfo, in DON addirittura Nashley e Giaime).
La conclusione, dunque, è che, nonostante il nuovo disco, in uscita il 10 aprile, di Vacca si chiami Bad Reputation – e l’ultimo di Jamil Most Hated – i due non siano più i cattivi della scena, perché sono riusciti in un’impresa difficile e faticosa: convertire l’odio in rispetto.