Recensione di Liberato, primo disco dell’omonimo artista partenopeo, pubblicato il 9 Maggio 2019. Nell’articolo si evidenzieranno in particolare l’aspetto romantico del progetto (la cosiddetta “Capri rendez-vouz”) e un approfondimento più tecnico relativo alle lingue usate dall’artista: napoletano, italiano, spagnolo, francese e inglese!
Liberato – questo il titolo dell’album dell’omonimo artista – è un vero e proprio racconto d’amore, cantato mediante l’integrazione perfetta di diverse lingue conferenti all’opera complessiva un “quid” in più che mancava alla scena italiana. L’album è stato pubblicato a mezzanotte il 9 Maggio 2019 in streaming e su YouTube mediante l’integrazione di 5 nuovi brani (Guagliò, Oi Marì, Nunn’a voglio ‘ncuntra’, Tu me faje asci’ pazz’ e Niente) che, aggiungendosi alle 6 canzoni già pubblicate (Nove maggio, appunto, Intostreet, Je te voglio bene assaje, Gaiola portafortuna, Me staje appennenn’ amo’ e Tu t’e scurdat’ ‘e me) completano l’esordio del misterioso rapper partenopeo, al termine di un percorso iniziato il 9 Maggio 2017.
Raccolte sotto il titolo di “Capri rendez-vous” le 5 nuove canzoni, accompagnate da altrettante clip, compongono una videoserie scritta e diretta da Francesco Lettieri, unite a comporre la mini-storia dell’amore romantico ma impossibile tra Marie, famosa attrice francese che si ritrova a Capri per girare un film, e Carmine, ragazzo napoletano a lavoro con la troupe, con il compito di prendersi cura di lei. La storia inizia nel 1966, in una Capri in bianco e nero, e termina in epoca attuale, raccontando via via gli innumerevoli, e brevi, incontri dei due che hanno portato Marie ad affermare: “Sei l’unico che abbia mai amato”. La storia colpisce ed emoziona mostrando al contempo: la forza, la passione, ma anche il dolore e la sofferenza di un amore vero, immediato, sofferto, infinito e travolgente.
La complementarietà delle lingue e degli stili è evidente e in particolare colpisce il bilanciato alternarsi delle varie lingue: l’italiano, il napoletano (antico e moderno) l’inglese, il francese e lo spagnolo.
Guagliò e Oi Marì sono i titoli dei primi due brani, caratterizzati da un mix di neomelodico e latinoamericano, e raccontano il primo incontro tra i due protagonisti, in barca di fronte ai Faraglioni. Marie ha appena terminato le riprese sul set, un insieme di Nouvelle Vague e Dolce Vita, e sale sulla barca di Carmine per tornare in hotel. Alla vista lei non resiste e vuol restare ancora un po’ in quel “mare blu”, si tuffa, lui la recupera perché l’acqua è troppo fredda e lei lo bacia. Sin dai due primi brani notiamo subito l’incredibile intreccio delle lingue, ad esempio:
Mmiezz’ a’ vij allucc: “Stand by me” / Ya me muero a vivir sin ti, Mi corazon m’e luat ‘o suspir / Bye, bye, mon amour on s’appelle après
che rappresentano soltanto alcuni degli esempi del geniale espediente lessicale.
Nei brani Nunn’a voglio ‘ncuntra’ e Tu me faje ascì pazz’ tornano il gusto rap e quello pop tipici di Liberato. La storia, ora, è ambientata nel 1975, le imagini sono finalmente a colori e in un locale, con un’atmosfera da “Febbre del sabato sera”, Carmine rivede Marie per la prima volta dopo anni, anche lei sembra riconoscerlo, ma è accompagnata da un altro uomo ed è infelice. Lei è ormai vittima dello star system e non si concede all’amore. Il racconto prosegue con Tu me faje ascì pazz’ trasportando l’ascoltatore fino al 1993, quando Carmine, ormai sposato, è da poco diventato padre e fa il carabiniere. Marie è completamente ubriaca in un bar quando Carmine la soccorre e la accompagna a casa. In quell’istante tra di loro scoppia la passione, tragica e amara e fanno l’amore per la seconda volta dal 1966. Anche qui si può notare il solito alternarsi linguistico:
Faje semp chest, and you never change / Faje cartin’ e filter, I told you that I’m sorry / C’è n’tussecamm’ and you never change / Nun’ ‘a voglj ‘ncuntrà, Je t’o giur, nun è na’ bugia
In Niente i ritmi rallentano: è la canzone dei conti finali:
Quann t n vaje nun sent cchiu nient, quann nun ce staje nun sent cchiu nient / Chell’ch’è stat è stat, Nun serv cchiu a nient.
Marie torna a Capri per il funerale di Dino il suo amico regista, ma una volta al cimitero non può non passare anche davanti alla tomba “dell’unico uomo che ha mai amato”.
Nel complesso nei cinque brani che compongono “Capri Rendez-Vous” (Capri RDV) a far da padrone è l’amore, come sempre, un amore diverso da quello che aveva caratterizzato gli altri 6 brani di Liberato: è più romantico, amaro e nostalgico e questo cambiamento è da ricercare nella scelta di rispettare l’epoca in cui la storia è ambientata. Per lo stesso motivo, sparse all’interno dei testi, sono presenti alcune espressioni e declinazioni verbali che rimandano ad un napoletano arcaico che, seppur formalmente corretto, viene oggi utilizzato solo da una parte della popolazione più anziana o tradizionalista.
In OI MARI’ il verbo cantare diventa “acant’” invece del più diffuso “cant’” o in TU ME FAJE ASCì PAZZ’, dove è usata l’espressione “aro staje annascos’”. Ci sarebbero altri esempi (l’utilizzo di “mic’” invece che “cu mme” in NUN’A VOGLIJ NCUNTRA) che arrivano pure all’inclusione di ver e propri modi di dire – “facive sciantosa” in “NIENTE” – che se pure hanno fatto parte della tradizione linguistica napoletana sono cadute via via in disuso nel parlato comune.
Il prossimo appuntamento di Liberato, adesso, sarà il concerto del 22 Luglio a Roma, ma la sensazione è che presto possano uscire nuovi brani pronti a trasmettere emozioni attraverso il racconto dell’artista partenopeo.
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