La prima metà del 2019 – Le conferme

Come ogni anno, anche nel 2019, il blog di Raphaolic sarà inattivo durante i mesi estivi (Luglio e Agosto). Proprio per questo, è necessario analizzare quello che è successo, musicalmente parlando, in questo primo semestre: dalle conferme alle sorprese, passando per le delusioni.

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Tre grandi conferme:

L’importanza della scena napoletana – Clementino, CoCo, Liberato, Geolier e il solito Luche:

Benvenuti a Milano, capitale indiscussa del rap italiano” era ciò che cantava Bassi Maestro nel suo ultimo disco, in una traccia in cui ospitava Jack The Smoker, Lazza, Axos, Lanz Khan e Pepito Rella. Tuttavia, nel 2019, non si può negare che il ruolo di Napoli sia sempre più importante nella scena hip hop italiana e questo cambiamento era auspicabile e per certi aspetti prevedibile.

Esattamente un anno fa, infatti, usciva Potere di Luche, un disco meraviglioso, una raccolta di poesie, un album curato in ogni dettaglio, in ogni singola nota e in ogni singola parola. Il disco aveva un significato preciso per il rapper napoletano, in gran parte riassunto nel suo stesso titolo: Luche desiderava potere, rispetto nella scena, considerazione mediatica, autorità nel mercato. Per ottenere questo “potere”, che gli ha permesso nel 2019 di lanciare Stamm Fort, hit da trenta milioni di streaming, di essere considerato una leggenda dal pubblico e di venire intervistato dalle più significative fonti d’informazione, Luche ha dovuto non solo realizzare un capolavoro, ma stravincere il confronto con il collega e rivale compaesano Clementino, convincere a furia di strofe killer nei dischi degli altri rapper (Casa Mia e Modalità Aereo su tutte le altre canzoni) e portare avanti progetti come l’etichetta BFM – CoCo, MV Killa e Geolier nel roaster – e il web magazine Power TV.

Luche parlava, in Nada, di se stesso come “l’unico napoletano che farà la storia” e probabilmente quest’affermazione, oltre all’evidente straordinario successo dell’artista, ha spronato molti colleghi napoletani a giocare le loro carte e dunque, in questo 2019, se c’è stata una “capitale del rap italiano”, questa non può che essere Napoli.

A Napoli c’è una floridissima nuova scuola, piena di talenti unici ed estremamente riconoscibili, dalle Scimmie, Lele Blade e Vale Lambo ai notissimi Enzo Dong e Liberato, passando per i figliocci di Luche, Geolier e MV Killa, a Samurai Jay, i Moderup e il fenomenale produttore Yung Snapp. Due artisti partenopei ben più noti, inoltre, hanno realizzato, a maggio, dei dischi validissimi e assolutamente genuini: il già citato Clementino, rinato artisticamente con Tarantelle, e CoCo, che grazie ad Acquario è finalmente riuscito a sfruttare il suo enorme talento.

Tarantelle è un disco ricchissimo di influenze musicali, dal raggae alla musica d’autore, passando per i richiami meridionali che riecheggiano in brani come Babylon. Soprattutto, però, Tarantelle è un album rappato in maniera eccezionale, in dialetto o in italiano che sia, il cui punto di forza sono le svariate metriche e gli svariati flow di Clementino, nettamente uno degli artisti urban tecnicamente più capaci del nostro paese. Rispetto ai suoi altri lavoro, tuttavia, il nuovo CD svela ancora di più il lato malinconico e introverso dell’autore di Hola!, specialmente in brani riflessivi e poetici come la title track Tarantelle (Che ne sarà di me?), Versi di me, scritta in seguito a un’overdose di cocaina, Un palmo dal cielo, La mia follia, Diario di bordo e Mare di notte.

Acquario, invece, è un disco radicalmente diverso, probabilmente anche per la profonda divergenza fra le personalità dei due artisti. CoCo è timido, introverso, molte volte paranoico, ha difficoltà a lasciarsi andare, ma la sua sensibilità gli permette, sulle magiche produzioni di D-Ross e Star-Tuffo, di scrivere autentiche poesie. Comunque, il CD è molto vario e alterna momenti più seri e impegnativi (Se mi perdo altrove con Ernia e Mecna, Vorrei, Bugie Diverse…) a canzoni fresche e leggere, l’enorme abilità melodica di CoCo viene fuori come un uragano (Non ho più amici con Gemitaiz, Carillon con Luche, Mio (Freestyle) e Calabasas).

Per concludere il discorso su Napoli, va inoltre ricordato che a breve uscirà la Deluxe Edition di Potere, con tanto di libro scritto da Luche, e che lo stesso artista, nel corso di un’intervista a Esse Magazine, ha lasciato intendere la possibilità di un progetto realizzato a quattro mani con il collega romano Noyz Narcos. La scena napoletana è destinata dunque a crescere ancora molto, come importanza mediatica e qualità musicale.

“Aletheia” è un disco strepitoso – Il ritorno di Izi, “anche il bimbo magico cresce”:

Izi è, per molti aspetti, il vero pioniere della “generazione trap” in Italia, ancora più di Sfera Ebbasta e Ghali e lo deve soprattutto all’uscita del film Zeta, in cui ha recitato nel 2016 e che gli ha garantito una sovraesposizione a livello nazionale. Il suo primo disco Fenice, tuttavia, pur contenendo delle canzoni eccezionali (si pensi a Chic, a La tua ora, a Izis) non rivelava nemmeno un decimo dell’artista che l’Italia avrebbe imparato a conoscere negli anni successivi.

Izi ha realizzato due dischi grandiosi: uno nel 2017, Pizzicato, e uno nel 2019, Aletheia. Quest’ultimo, pubblicato dopo due anni di quasi totale inattività, è uno di quei CD che conteranno, senza ombra di dubbio, tantissimo per il rap italiano, per una molteplicità di ragioni. Per prima cosa, così come il suo precedente, è un progetto musicalmente brillante, ricchissimo di spunti innovativi e geniali, a livello di flow, – si pensi che Izi considera ogni suo flow una proiezione di uno dei suoi mille Ego – metriche, uso dell’autotune e ritornelli, ma soprattutto a livello di beats.

Dalle chitarre e dai folli flautini di Tha Supreme in Carioca al magico pianoforte di Josh Rosinet in San Giorgio e di Charlie Charles in 48H, agli spunti EDM di Volare 2 e afro-trap di A’dam, si potrebbe elogiare per ore il lavoro svolto da Davide Ice per il CD. La strumentale di Dolcenera, rivisitazione dello storico brano di Fabrizio De Andrè, è un capolavoro, così come quella di Weekend, in cui Izi si è dimostrato innovatore e artista a 360 gradi, realizzando un’intera strofa in inglese.

Quando si parla di Aletheia, inoltre, non si può fare a meno di apprezzarne a pieno la densità di contenuti e la penna misteriosa e simbolista di Izi, che riesce a trattare svariatissimi argomenti tramite i suoi flussi di coscienza. Come spiegato dallo stesso artista, i testi, da Ok! a Pace, passando per le eccezionali Grande, Dammi un motivo, Weekend, Il nome della rosa, Volare 2 e Zorba, hanno più livelli di lettura.

Aletheia è un disco che può essere dunque ascoltato in più modi, a un primo livello godendo delle magiche strumentali e melodie, a un secondo livello leggendo i testi di Izi, che affrontano le più disparate tematiche, concentrandosi a volte sul sociale (esemplificativa è in questo caso Weekend), a volte raccontando la storia personale e i pensieri dell’artista. I temi, dalla violenza della società moderna alla solitudine, passando per l’amore, l’odio, la crescita, la pace, la malattia e la nostalgia, sono trattati da un ragazzo le cui posizioni sono sempre interessantissime e stimolanti, mai scontate o banali.

L’ultimo livello di lettura di Aletheia, infine, si svela quando l’ascoltatore ha veramente interiorizzato i testi dell’artista e a comprendere il significato del disco nel suo insieme, i cui indizi sono le parole lasciate dall’artista al termine di alcuni brani e che ricomposte formano la frase “Ma un bambino ha paura quando possiamo comprendere la verità”.

In conclusione, da un grande artista come Izi ci si aspettava un  grande CD, ma Aletheia, oltre che ripagare le aspettative dei fan, le ha ampiamente superate, riscuotendo un successo clamoroso, a livello di critica e di pubblico. Fare meglio di così era davvero impossibile!

Lazza è “Re Mida” – Il vero protagonista del 2019 è milanese e suona il pianoforte:

Il 2019 è stato certamente, fin ora, un anno particolare, nel senso che pochissimi “top rappers” della scena hanno già pubblicato dei CD. L’anno scorso, invece, il pubblico aveva potuto ascoltare i dischi di Noyz Narcos, Salmo, Sfera Ebbasta, Tedua, Dark Polo Gang, Guè Pequeno, Gemitaiz, Madman, Nitro, Capo Plaza e Luche.

Risulta palese, dunque, che in un anno come il 2019, sia molto più facile, per un artista con numeri medio-alti, ottenere visibilità e catturare l’attenzione del pubblico, di fatto cambiando il suo status da “promessa/rapper di medio-alta fascia” a “top rapper”, e questo è esattamente ciò che ha fatto Lazza, milanese classe ‘93, con la pubblicazione di Re Mida, il suo secondo album.

Re Mida è un ottimo disco, che strizza l’occhio, da un lato, alla vecchia scuola, al rap degli anni 2000, grazie a punchlines da capogiro, a dimostrazioni di tecnica smisurata – in termini di metrica si parla dell’artista più talentuoso d’Italia – e a strofe dense di contenuti come quelle di Catrame, 24H, Re Mida e Porto Cervo. Dall’altro lato, però, Lazza è anche uno dei massimi interpreti delle sonorità trap e Re Mida, per freschezza, impostazione di flow e ritornelli nonché anche modernità dei beat (di Low Kidd), è l’unico CD del 2019 in grado di competere con Rockstar di Sfera Ebbasta.

Ogni traccia di Re Mida è, sia per una barra, per un flow o per un particolare incastro, unica e memorabile a modo suo, per non parlare dei featuring di spessore colossale all’interno del progetto. Se nel precedente Zzala erano ospiti Nitro e Salmo, nel nuovo CD sono presenti strofe di Luche, Guè Pequeno, Izi, Tedua, Fabri Fibra e Giaime, a dimostrazione di quanto ormai Lazza sia riconosciuto e stimato nella scena.

Tuttavia, a Lazza, con ogni probabilità, non è bastato aver realizzato un grande album, perché il rapper ha continuato, praticamente una volta al mese, a proporre contenuti inediti al suo pubblico: a volte si è trattato di video su Youtube in cui reinterpretava pezzi di Re Mida al pianoforte – Netflix e Re Mida – e altre volte di strofe straordinarie nei progetti dei colleghi. Si ricordano, tra queste ultime, due prestazioni autocelebrative e “zarroganti”, cioè Il Mondo Chico con Ernia e Montenapo con Guè Pequeno, e due più delicate e romantiche, Think About It con il rapper di Chicago Hypno Carlito e Male o Bene con Beba.

Lazza e il suo team sono stati assolutamente eccezionali, perché non era affatto facile, per l’artista, effettuare il salto di qualità di cui si parlava in precedenza e il rischio di deludere le aspettative derivanti dal primo CD Zzala era pericoloso e concreto. Fortunatamente per il rapper – e per la scena italiana – Lazza nel 2019 non ha sbagliato nulla, con un ottimo disco e delle grandi strofe in feat. Fin qui, è molto difficile individuare un altro contendente al titolo di rapper dell’anno.

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