Classifica dei 5 album di Rap italiano migliori del 2018 secondo la redazione di Raphaolic, ordinata dalla quinta alla prima posizione.
Il 2018 è stato senza dubbio un anno d’oro per la musica urban, in Italia come nel resto del mondo: lo dimostrano le statistiche che lo vedono come genere dominante per numeri e influenza, ma soprattutto l’incredibile produttività degli artisti. Basti pensare, limitandosi al rap italiano, a come nello stesso anno siano tornati attivi gruppi storici dell’hip hop, come i Colle Der Fomento con Adversus e i Cor Veleno con Lo Spirito Che Suona, e hanno esordito rookies della new school, da Tedua a Capo Plaza, passando per Drefgold, Ernia e Vegas Jones.
Oltre ai loro, quest’anno sono stati pubblicati moltissimi CD, fra cui tanti dei rapper più affermati del paese: dai successi discografici di Sfera Ebbasta e Salmo, Rockstar e Playlist, ai lavori di Gemitaiz, Madman, Rancore, Emis Killa, Nitro, Guè Pequeno, Luche, Achille Lauro e Shade.
5ª posizione – Mowgli di Tedua:
Mowgli è stato il disco di debutto del genovese Mario Molinari, in arte Tedua, artista apprezzatissimo dal pubblico e dalla critica, nonostante le iniziali polemiche relative al suo flow, da molti non apprezzato per le sue ritmiche. Rispetto al suo mixtape Orange County California, Mowgli è un progetto più uniforme, più completo e soprattutto più maturo.
Prodotto interamente da Chris Nolan, importante almeno quanto il rapper per la realizzazione del CD, Il disco della giungla si presenta come un album di quindici tracce per un totale di quarantasette minuti. Ciò che rende Mowgli un disco eccezionale è un cockail di atmosfere naturali create dai suoni meravigliosi di Nolan, le metriche e i flow di Tedua, in parte importati da Chicago e in parte dalla Francia, e testi densi di significato.
Il disco, infatti, convince qualsiasi tipo di pubblico, dall’ascoltatore alla ricerca del banger alla Dune, Burnout o Fashion Week, a quello più introverso ed emotivo, alla ricerca delle atmosfere tenere ed emozionanti di Acqua, 3 Chances, Sangue Misto e Il Fabbricante di Chiavi.
Inoltre, il “lavoro sporco” di Tedua, visibile solo dall’autore più attento ed appassionato quando analizza il CD nello specifico, rende ancora più apprezzabile Mowgli. Ci si riferisce, per esempio, alla moltitudine di citazioni del cantante genovese, a suoi vecchi brani e a canzoni di altri artisti (leggasi il ritornello di Acqua (Malpensandoti), riferimento a un testo di Dargen D’Amico) o alle complesse metafore, figure retoriche e significati nascosti, che rendono il disco accessibile a più chiavi di lettura interpretative.
L’unico motivo per cui Mowgli si trova solamente in quinta posizione, nella top 5 dei dischi migliori del 2018, è da ricercare nell’immaturità del genovese rispetto ai suoi colleghi che gli sono davanti in classifica, certamente più rodati ed esperti, che certamente, continuando il suo percorso, sarà in grado di raggiungere in futuro.
4ª posizione – Playlist di Salmo:
Dopo una riuscitissima campagna promozionale, il 9 novembre Salmo ha finalmente pubblicato il suo quinto CD da solista: Playlist, anticipato dai fortunatissimi singoli Perdonami e 90MIN. Al di là di ogni considerazione sullo straordinario lavoro mediatico del rapper sardo e sui conseguenti risultati da record, il suo nuovo album è un ottimo disco, che, malgrado l’incoerenza fra i brani richiesta dal suo concept stesso, stupisce ed emoziona.
Salmo è un artista rivoluzionario e di rottura, non si è accontentato di un bel disco, ma ha voluto proporre qualcosa di inedito e innovativo. Proprio per questa ragione, in Playlist, come in un’autentica playlist, si passa immediatamente da una traccia hardcore come PXM alla hit-love del CD Il cielo nella stanza. In Playlist Salmo riesce ad esprimersi a 360 gradi, mostrando prima il suo lato più serio, con 90MIN, poi quello più ironico, con la straordinaria Ricchi e Morti e con Cabriolet, fino alla parte più tenera della sua personalità, con Il cielo nella stanza, e a quella più intima e vulnerabile, venuta fuori nello straordinario testo di Lunedì.
Musicalmente, il CD del sardo – quasi interamente autoprodotto – è davvero completo e riesce a proporre influenze “new school”, come in Perdonami e Cabriolet, brani tipicamente trap (nonostante le loro siano tipologie di trap assolutamente diverse) o in Lunedì, che cita e omaggia il compianto XXXTentacion. Tuttavia, nel disco è riscontrabile anche una forte impronta hardcore, tipica del suo autore, in brani come PXM, 90MIN e Tiè, degli elementi soul, in Il cielo nella stanza, un intero pezzo dalla strumentale boom bap, Stai Zitto, atmosfere latine, in Sparare alla luna, e ancora delle componenti footwork e techno rispettivamente in Ora Che Fai? e Ho paura di uscire.
Oltre, però, alla varietà di sonorità e influenze nella musica del CD, non bisogna dimenticare di essere di fronte a una leggenda del rap italiano, che riesce ad adattarsi a ogni tipo di strumentale con flow sbalorditivi e testi profondi e degni di un’analisi approfondita. Ci si riferisce, per esempio, al testo di Dispovery Channel e a quello di Ricchi e Morti, che analizzano il tema del rapporto uomo-denaro, allo splendido storytelling Sparare alla luna, fino a Lunedì e Il cielo nella stanza, emozionanti e nuove per la discografia dell’autore di S.A.L.M.O.
Se si è amanti del rap, della musica e, più in generale, dell’arte di rottura, non si può fare a meno di considerare Playlist un vero e proprio capolavoro. Tuttavia, come spesso si è detto sul web, il disco non è completamente esente da difetti: la sua “coerente-incoerenza“, alla base del concetto di “playlist” è un’arma a doppio taglio e per molti la collaborazione con Sfera Ebbasta ha funzionato poco. Per questo motivo, si è scelto di inserire Salmo al quarto posto della classifica, preceduto da Davide di Gemitaiz, Potere di Luche e 68 di Ernia.
3ª posizione – Davide di Gemitaiz:
Davide De Luca, in arte Gemitaiz, è stato uno dei rapper più discussi e criticati del 2018, per le aspre polemiche, con il politico Matteo Salvini, con gli youtuber Arcade Boyz e con il rapper Vacca, per le numerose dichiarazioni sopra le righe e anche per il brusco cambiamento della sua immagine e della sua musica.
Nonostante le numerose critiche, Gemitaiz è riuscito a conseguire obiettivi importantissimi e per molti versi inaspettati, come il disco di platino con l’album Davide e il titolo di terzo artista italiano più ascoltato dell’anno su Spotify. Per ottenere questi risultati, il rapper romano ha pubblicato un disco, un mixtape, Quello Che Vi Consiglio 8, e ha partecipato alla realizzazione di vere e proprie hit di altri cantanti, come Thoiry RMX di Achille Lauro, Claro di Emis Killa, Brillo di Vegas Jones e Malibu con Carl Brave.
Comunque, dopo due dischi non del tutto convincenti, L’Unico Compromesso e Nonostante Tutto, Gemitaiz ha pubblicato, come detto, un CD di indubbia qualità, Davide, completo, profondo e, come ogni suo progetto, molto personale.
Davide è un disco in cui Gem si è messo alla prova al 100%, tentando un approccio più melodico alla musica, nei pezzi più leggeri come Oro E Argento e Keanu Reeves e in quelli più ragionati e intimi come Paradise Lost e Fuori. La sperimentazione sonora è evidente nelle incredibile produzioni del team di Tanta Roba (composto da Mixer T, Kang Brulèe, Ombra, Dub.Io, Frenetik & Orang3 e molti altri ancora) – ogni beat da Diverso a Questa Qua, passando per Tanta Roba Anthem e Pezzo Trap è unico e perfetto per la voce dell’artista e l’atmosfera del pezzo – e nelle scelte di flow di Gemitaiz, che in brani come Paradise Lost, Chiamate Perse e Alaska ha rappato e cantato con ritmiche mai ascoltate prima, in Italia e nel mondo.
Tematicamente, il CD è completo e chi ne critica la mancanza di contenuto non lo ha probabilmente mai ascoltato con attenzione: pezzi come Lo Sai Che Ci Penso, Fuori, Paradise Lost, Buonanotte e Davide sono certamente fra i brani scritti meglio dell’anno, per non parlare del vero e proprio capolavoro dell’album: la splendida Diverso.
Io sono diverso
Oggi non posso essere altro che me stesso
Io sono diverso
Non so se in meglio o in peggio
Unico nell’universo
Io sono diverso
Ancora senza freni
Innamorato dell’eccesso
Io sono diverso
Unico nell’universo
Proprio come te
Basterebbero questi versi a spiegare ai più critici che Gemitaiz non è affatto peggiorato, ma ha semplicemente modificato il suo modo di esprimersi: prima la sua penna era aggressiva e impetuosa, adesso è più intima e romantica, proprio per questo motivo Davide è il CD più coinvolgente della Top 5 e non poteva che avere questo titolo, perché ascoltarlo è come vivere in pieno, per quasi un’ora di musica, la vita del suo autore.
Infatti, i brani più allegri e morbidi del progetto, come Un Giro Con Noi, Keanu Reeves, Pezzo Trap o Chiamate Perse, non rovinano affatto l’atmosfera dell’album, ma anzi lo rendono ancora più particolareggiato, mostrando anche l’altro lato dell’artista, quello spensierato e sereno, visibile quando può svagarsi, partecipare alle feste, fumare con i suoi amici e coprirsi di abiti e scarpe costose.
In definitiva, Davide è in assoluto il miglior disco di Gemitaiz nonché il terzo album migliore, per sonorità, sperimentazione, testi e completezza, del 2018 e occupa solo il terzo gradino del podio perché preceduto da due dei dischi migliori del decennio, Potere e 68. Considerando però che Potere e 68 sono album piuttosto di nicchia, rispetto a Davide, terzo CD più ascoltato del 2018, si può tranquillamente affermare che nell’ambiente mainstream quello di Gemitaiz è il progetto più riuscito del 2018.
2ª posizione – Potere di Luche:
Il secondo disco migliore del 2018 è Potere di Luche, uscito il 29 giugno per Universal Music Group, che ha stupito qualsiasi ascoltatore di rap italiano con le sue sedici tracce. Sono numerosi i motivi per cui Potere è considerabile un disco di qualità elevatissima, certamente uno dei progetti migliori pubblicati fra il 2010 e il 2018: dalla tecnica clamorosa nel rappare del cantante napoletano (primo in italia in questo momento per flow e rime) alla sua penna dalle due anime: l’una di stampo gangsta-rap, in grado di descrivere la sua vita fra strada, gioielli, rivincita sociale e, appunto, potere, e l’altra marcatamente emotiva.
La solennità di un album del genere può essere percepita già nelle prime tre tracce del progetto, lungo ma non pesante, articolato in più di un’ora di musica. L’intro del disco, infatti, è affidata alla cantante lirica Paola Imprudente, sorella di Luche, che conferisce al disco un’atmosfera di sacralità e di equilibrio, in netto contrasto con il secondo – e insieme terzo – brano del CD, Potere / Il Sorpasso. In questi due pezzi, condensati in un’unica traccia dalla durata di sette minuti, si presenta la prima delle due anime di Luche: quella aggressiva, irriverente, esplicita, violenta, a tratti inquietante, rivoluzionaria a livello di flow e di fortissimo impatto a livello lirico, colpendo con forti immagini visive e bersagliando nemici più o meno immaginari (il rivale Clementino ne sa qualcosa) con punchlines sbalorditive.
Arrivo al club senza avviso e mi danno il tuo tavolo
Salto la fila come salto l’ostacolo
Anche se ami ‘sta roba sei un amatore
Anche se hai avuto successo non sei il mio successore, fra’
Se la brutalità lirica e la “street-poetry” di Luche si esauriscono quasi del tutto in brani come Potere / Il sorpasso, come il banger Facile, e come la traccia già edita Al mio fianco, altrettanto eccellente – se non superiore – è il lato sentimentale dell’artista, ammirabile nella moltitudine di canzoni, tutte diverse fra loro, d’amore. Dalle hit radiofoniche Torna Da Me e Non abbiamo età fino alle meno conosciute Dormiamo insieme, Star, Gli altri e Nada, ogni pezzo romantico del disco è unico ed emozionante, in grado di cogliere sfaccettature dei sentimenti umani come davvero pochi cantanti rap riescono a fare.
“Perché scrivi pezzi d’amore?”
Se foste a Napoli sapreste che siamo passione
canta Luche in Il sorpasso e infatti nessun rapper riesce a trattare un tema, così ampiamente affrontato, con la sua cura e attenzione. Per Luche, l’amore è passione carnale in Lv & Balmain, è sofferenza e angoscia in Torna Da Me, è intesa e desiderio in Non abbiamo età, è motivo di riscatto e rivincita sociale in Star e Nada, è provocazione e irriverenza in Diamanti nei denti e finalmente è serenità d’animo e pace interiore in Dormiamo Insieme e Gli altri.
Potere non è un disco di rap italiano, è una raccolta di poesie, che andrebbero studiate e analizzate attentamente, per non perdere neanche una minima sfumatura di significato della penna dell’artista. Luche non si è limitato a raccontare la sua storia personale, nel CD, ma ha deciso di narrare l’amore a 360 gradi. Proprio per questa ragione, chi definisce monotematico un album come Potere non è stato in grado di cogliere l’incredibile sensibilità del cantante napoletano, che si è senza dubbio concentrato su una materia principale, ma la ha sviscerata come nessun rapper aveva mai fatto in precedenza, senza snaturare la sua penna e mostrando raffinatezza, cura di ogni dettaglio, eccellenti proprietà di linguaggio e – ultimo ma non meno importante aspetto – ottima musicalità e melodie godibilissime.
L’unica ragione per cui si è preferito incoronare “disco del 2018” 68 di Ernia, piuttosto che Potere, è soltanto l’incredibile completezza del CD del milanese, unico vantaggio rispetto al napoletano. 68 infatti è un disco – seppur musicalmente inferiore a Potere – nettamente più vario a livello contenutistico e, proprio per questo, è il migliore dell’anno.
Posizione bonus – Rockstar di Sfera Ebbasta:
Rockstar di Sfera Ebbasta non è fra i cinque dischi migliori del 2018, ma è senza alcun dubbio il disco dell’anno. Chiaramente per motivare quest’affermazione non ci si riferisce solo ai numeri straordinari del CD: altrimenti si dovrebbe parlare allo stesso modo di 20 di Capo Plaza, che invece è nettamente meno significativo.
Rockstar, terzo disco del rapper di Cinisello Balsamo, è un classico istantaneo, un album che ha dettato le regole della scena, fissando canoni di riferimento in termini di contenuti – è il manifesto trap per eccellenza, descrivendo la vita, per l’appunto, da rockstar dell’autore fra lusso sfrenato, vestiti firmati e gioielli costosi, donne particolarmente avvenenti e macchine da corsa – e di caratteristiche stilistiche. Si pensi, per esempio, alla brevità e alla scorrevolezza del progetto, di appena 34 minuti, all’internazionalità delle collaborazioni, fino all’ausilio di un solo beatmaker, l’eccezionale Charlie Charles e l’utilizzo quasi costante di autotune, impronte già visibili negli scorsi lavori del rapper milanese.
Quanti artisti rap hanno seguito, da gennaio, i canoni dettati da Rockstar? Quasi tutti! Se si analizza la struttura della moltitudine di dischi hip hop, si nota che davvero pochi di questi superano i quaranta minuti di durata, sono prodotti principalmente da più di due producer o non contengono un featuring internazionale (si pensi ai binomi Emis Killa-6ix9ine, Tedua-Sofiane, Rkomi-Mc Bin Laden, Capo Plaza-Ninho, Vegas Jones-Jenn Morel o Guè Pequeno-Cosculluela).
Addirittura, se si ascoltano i progetti di molti degli artisti più giovani della scena – compresi i più noti al grande pubblico, come Capo Plaza, Drefgold, Nashley e Oro Bianco – si nota come i flow, le strumentali e soprattutto i testi delle loro canzoni siano immediatamente riconducibili alle tracce di Rockstar.
Il CD, inoltre, nonostante la critica lo abbia spesso dipinto come un disco di bassa qualità, specialmente nei giorni successivi alla tragedia di Corinaldo, è un ottimo album rap, per suoni, innovazione, flow e anche testi, culminando con una delle canzoni più riuscite, liricamente parlando, dell’intera discografia del rapper milanese, Ricchi X Sempre.
Dunque, in conclusione, Rockstar non è uno dei cinque migliori dischi del 2018 (certamente sarebbe stato presente in un’ipotetica Top 10) ma è un disco talmente innovativo e di tendenza che sarebbe stato sbagliato non inserirlo nella Top 5, proprio per questo gli è stata assegnata la “posizione bonus”.
1ª posizione – 68 di Ernia:
Prima di spiegare perché 68 è il miglior album del 2018, è piuttosto rilevante concentrarsi su due riflessioni: la prima, sulla provenienza geografica degli artisti, e la seconda sulla loro età anagrafica. È infatti curioso e significativo osservare che i cinque album scelti sono di cinque autori provenienti da cinque regioni diverse d’Italia: Tedua è genovese, Salmo è sardo, di Olbia, Gemitaiz è romano, Luche napoletano e Ernia milanese. Questo è particolarmente interessante perché dimostra che ormai il rap non è più, come qualche anno fa, un fenomeno sviluppato solo a Milano e a Roma, ma una realtà estesa in tutta la penisola.
Per quanto riguarda le età degli autori in questione, è una notizia eccellente e di grande conforto il fatto che due autori così giovani siano riusciti a proporre lavori di tale qualità: Tedua e Ernia, infatti, sono due rookies, due debuttanti, eppure i loro primi dischi sono assolutamente apprezzabili da qualsiasi tipo di pubblico, dal ragazzino all’ascoltatore più avanti con l’età.
Il miglior disco del 2018, infatti, è 68, un vero e proprio capolavoro di Matteo Professione, in arte Ernia, ex membro del collettivo Troupe D’Elite, in cui militava insieme a Ghali, Maite e Fonzie Beat. Ernia è un rapper forgiato dal tempo e dai pessimi risultati del suo collettivo, ma che, imparata la lezione, non ha mai deluso da solista, presentandosi nel 2016, con il pezzo Neve, come una delle migliori penne e una delle migliori voci della scena hip hop italiana.
68 è un disco eccezionale, impossibile da migliorare, uscito dopo la repack di un EP, Come uccidere un usignolo / 67, altrettanto valida musicalmente e testualmente, che dimostra l’evoluzione, soprattutto a livello sonoro di Ernia, che non ha paura di osare e di sperimentare, abbandonando le atmosfere cupe del progetto precedente e concentrandosi su più generi, dal funk della title track di 68 alla trap di Bro e Paranoia Mia, fino a riuscitisimi pezzi che strizzano l’occhio al pop, come La Tosse e Domani.
Le abilità tecniche del rapper milanese non si discutono: grazie alla sua voce particolarissima riesce sempre a trovare flow unici, senza mai servirsi in maniera fastidiosa dell’autotune, e in tracce come La Tosse e 68 sono evidenti anche i suoi progressi nelle parti cantate. Tuttavia, ciò che rende Ernia unico, in una scena di rapper che sembrano assomigliarsi tutti tantissimo, è la sua incredibile penna, senza dubbio la più capace della nuova scuola, così duttile da risultare sottile e ironica negli esercizi di stile come No Pussy e Bro – in cui Tedua regala all’amico una strofa di altissimo livello – ed emozionante in brani più seri e riflessivi, come La Paura, Un pazzo (storytelling/tributo al cantautore genovese Fabrizio de Andrè), 68, Paranoia Mia e le due canzoni d’amore, La Tosse (La Fine) e Sigarette (L’inizio).
In conclusione, l’abilità lirica di Ernia, sintesi di un vocabolario assai ampio, una grande vastità di temi trattati e una sagacia innata, la sua sperimentazione musicale e il lavoro produttivo, di Zef, Luke Giordano, Shablo e soprattutto Marz, rendono 68 un disco incredibile, molto eterogeneo a livello tematico e sonoro, ma soprattutto curato in ogni dettaglio da un artista che ama la musica e non si piega alle regole del mercato.
L’unico consiglio che si può davvero dare a un artista come Ernia è di continuare a osare e sperimentare senza snaturarsi, continuando a proporre prodotti di qualità come gli ultimi tre (è di grande valore anche l’EP No Hooks), intanto, non resta che decretare 68 disco dell’anno, nella speranza che il 2019 possa essere un anno altrettanto positivo e proficuo, per il rap italiano.
2 pensieri riguardo “I cinque album rap migliori del 2018”